Fare memoria

di Andrea Dessardo

 

Dobbiamo imparare a fare quel che ha fatto Israele: leggere la storia – la nostra personale, quella della nostra comunità, la storia universale – e riconoscerla come una storia di salvezza, nella quale Dio è presente anche quando non ce ne accorgiamo. La Bibbia è in fondo il racconto, quasi il diario, di questa storia d’amore tra l’uomo e Dio. Ne ha parlato don Antonio Bortuzzo nel primo dei tre incontri organizzati dalla Scuola diocesana di Formazione unitaria, tenutosi giovedì 14 gennaio nella parrocchia di Gesù Divino Operaio: Accogliere, raccogliere e leggere la presenza del Signore.

Il primo a scrivere, tra i profeti, fu Amos, in un momento di crisi per Israele, mentre s’affermava la potenza assira; e all’aggravarsi della crisi seguì l’intensa predicazione di Geremia. Diveniva sempre più chiaro ai profeti che Israele stava tradendo l’Alleanza che il Signore aveva stretto con lui. Il tracollo si ebbe con la deportazione a Babilonia e la distruzione del tempio. Scripta manent: e così dalla lettura e dalla meditazione di quelle parole, a poco a poco, Israele comprese la profondità dell’amore di Dio, il suo non venir mai meno alla sua promessa. È Ezechiele, durante l’esilio, che cambia il rapporto degli ebrei con Dio, che non lo vivono più in maniera utilitaristica. Dio allora darà loro un «cuore nuovo».

La Bibbia è un caso unico nella storiografia antica per due motivi: non fa mai ricorso al mito (se non nei primi undici capitoli della Genesi, attingendo alla mitologia di altri popoli come i fenici) e non offre sempre una sola e univoca versione dei fatti, come mostrano, ad esempi, i due libri delle Cronache, nei quali gli eventi raccontati nel Deuteronomio, nell’Esodo, in Giosuè, ecc., seguono una narrazione molto più asciutta: la Bibbia non offre definizioni da manuale o da catechismo, ma racconta storie di uomini e donne e del loro rapporto con Dio. Anche nelle poche occasioni in cui attinge alla mitologia, infatti, la Bibbia ha sempre per protagonisti solo gli uomini e Dio, mai creature immaginarie. È così che essa risponde alle due domande che l’attraversano tutta: dove posso trovare Dio? Chi è l’uomo?

Un tale approccio ci insegna almeno tre cose: la fedeltà alla storia, che non muta per interventi magici, e nella quale Dio collabora con l’uomo; l’importanza della memoria, perché non esistono né il caso né il destino; la speranza nel futuro, giacché Dio non ci vorrà abbandonare dopo averci così a lungo accompagnato, anche nell’esilio a Babilonia e in tutte le tragedie d’ogni tempo apparentemente inspiegabili e ingiustificabili.

L’esempio da seguire è Maria, colei che «custodiva queste cose nel suo cuore».