Amicizia negli US. The mystery of an encounter

di Francesca Zaccaron

 

È possibile l’amicizia negli US? Ma prima ancora: che cos’è l’amicizia? Semplici domande che mi stanno accompagnando in questi mesi americani. Come riuscire “a farsi degli amici” in breve tempo in un altro paese? Afferma Pavel Florenskij: «L’amicizia è condizione indispensabile della vita». Allora all’inizio si colgono tutte le possibilità per incontrare persone nuove: feste, gite fuori porta, sport, gruppi di formazione. Lo sforzo è immenso: il lavoro ingloba la maggior parte delle energie, le deadlines incalzano, la neve e il ghiaccio rendono tutto più impervio e… sdrucciolevole, l’inverno sembra “congelare” anche le relazioni. E all’entusiasmo iniziale subentra la routine e poi la resa di fronte all’evidenza: manca qualcosa, che all’inizio ancora non ha nome.

Gli Americans sono molto friendly, disponibili e dal cuore generoso, ma per costruire un’amicizia (specie in età adulta) non è sufficiente l’onda dell’entusiasmo di una serata o di una gita, qualche chiacchierata e tanti bei sorrisi. Sempre Florenskij: «La potenza e la difficoltà dell’amicizia non si esprimono in un pirotecnico attimo d’eroismo, ma nella placida fiammella della pazienza di tutta una vita», perché «nell’amicizia incomincia a rivelarsi la persona». Ecco il punctum dolens: la fatica del rivelarsi? Anche. La paura di non esser compresi? Certo. Ma non solo. Nella frenetica società US il soggetto come in un grande teatro recita la parte che ha imparato, quella dell’overachiever, della persona di successo che vive in costante tensione per raggiungere il risultato a tutti i costi. E poi soffre un triste vuoto per mancanza dell’amicizia. Si sa, per costruire e custodire una relazione ci vogliono tempo e pazienza. Non solo. Ci vuole un encounter, un incontro vero. Se, a monte, questo incontro non c’è, allora ci si ritrova per una pizza, una gita, una preghiera, con il rischio che sia soltanto un uscire dalla propria solitudine: io arrivo con la mia macchina, io parlo con chi voglio, io sto con chi conosco. Poi la serata finisce, saluti, sorrisi e tutti a casa. Ma non mi preoccupo se qualcuno non si fa vedere per un po’, se è triste, se ha qualche difficoltà, io ho troppe cose da fare. Peggio per lui/lei. Io, io, io…

Se invece questo encounter avviene, allora si è at the threshold of a mistery, sulla soglia di un mistero: «L’amicizia è la visione di sé con gli occhi dell’altro, ma al cospetto di un terzo, e precisamente del Terzo» (Florenskij). E allora cambia tutto: l’altro diventa prezioso nella sua presenza e anche nella sua assenza, lo stare insieme ha un gusto nuovo, unico, di una cena come in famiglia, di una preghiera insieme a bassa voce, di una passeggiata in un roseto in primavera. Lo stupore per la scoperta lascia lo spazio alla gratitudine per il dono. Incontrare lo sguardo dell’altro alla Presenza di un Terzo significa vivere un’amicizia che oltrepassa la soglia del mistero e si immerge nella Bellezza di un incontro che diventa comunione. Così si vive un nuovo inizio, perché «La comunione dell’amicizia è la sorgente della sua forza» (Florenskij). E la sorgente della comunione è proprio l’incontro con il Terzo, che ci fa «ardere il cuore nel petto» (cfr. Lc 24,32) mentre cammina con noi. Anche negli US.

 

I discepoli di Emmaus – particolare
Santuario nazionale di San Giovanni Paolo II – cappella della reliquia

Washington – Stati Uniti (2015)

p. Marko Rupnik ed Equipe del Centro Aletti