Arde ma non brucia

di Michela Brundu

 

Eh sì, Mosè era rimasto di stucco davanti a quel cespuglio di rovi che ardeva senza consumarsi.

Ha stretto gli occhi per guardare attentamente quel fenomeno mai visto. Una faccenda che non ci voleva proprio, ora che aveva raggiunto la tranquillità. Venendo da un’infanzia problematica (nato ebreo in Egitto, a rischio di morte, abbandonato nelle acque del Nilo), cresce alla corte di un re non suo, fa carriera e infine, ricercato per omicidio, fugge e si rifà una vita, sposando la figlia di un ricco possidente. Raggiunge un certo equilibrio sociale ed economico, insomma.

E ora questa grana di un roveto ardente che addirittura gli parla. No, non ci voleva.

 

Qualche giorno fa, un altro incendio. In un posto distante, migliaia di anni dopo.

Brucia il tetto di una chiesa, su di un’isola, in mezzo a un fiume, al centro di una città, nel cuore dell’Europa. Questa volta si consuma un po’ ma alla fine le fiamme si spengono.

La notizia ha tenuto banco per giorni alla tv, sui giornali, sui siti di news, sui social. Sono da subito circolate interpretazioni di tutti i generi, corse di solidarietà, ricchi benefattori hanno aperto i portafogli. Qualcuno dice che è stato un fulmine mandato da Dio per colpire una Francia mai così laicista. Mah. E’ sempre pericoloso ergersi ad autentici interpreti del pensiero del Padre Eterno…

 

Comunque sia, migliaia e forse milioni di occhi, in tutto il mondo, fissavano allibiti quelle immagini sullo schermo. Quelli dei francesi erano lucidi, ma forse anche altri. Bruciava un capolavoro, un simbolo, una voce remota che – ci si è ricordato in quel momento – proveniva da dieci secoli fa. Vedevo scorrere, tra le fiamme, santi, re, imperatori e tanta gente comune, il popolo di una cristianità che ha percorso le strade del nostro vecchio continente. Sconfortata, come tutti, mi dicevo che no, che il loro ricordo non può bruciare così.

E mentre le fiamme sembravano inarrestabili, tra le tante viene data una minuscola notizia, velocemente. Prima che iniziassero i lavori di restauro, erano state rimosse sedici statue in bronzo, che ora giacevano salve da qualche parte: i dodici apostoli e i quattro evangelisti.

Mi è sembrato quasi miracoloso e, a ripensarci, pieno di significato.

Nonostante i gilets jaunes, la disoccupazione, gli immigrati, la decrescita e tutti i nodi problematici del nostro tempo, l’Europa alla fine ha raggiunto un certo equilibrio sociale ed economico, un relativo benessere e una ragionevole libertà (a paragone di quanto accade in altri continenti). Ma forse le sue radici, immerse in un Evangelo che ci sembra a volte appannato, non parlano più ai nostri contemporanei.

Eppure sono in salvo gli apostoli e gli evangelisti: sembra un monito, un’indicazione per ripartire. Traccia di un fuoco sotterraneo di altro genere.

Sembrano dirci che, se una chiesa brucia, c’è anche una Chiesa che arde.