Clima rovente?

di Gianguido Salvi

 

Cambiamenti climatici, effetto serra, antropizzazione, tropicalizzazione dell’area mediterranea ecc. tutti termini che ultimamente riempiono le pagine dei giornali o compaiono in numerosi servizi televisivi spesso volti a confondere i lettori ed il pubblico più che ad informarlo. Vediamo di dare alcune indicazioni di merito utili si spera per fare chiarezza.

Per prima cosa diamo una definizione di clima. Per “clima” (dal greco “klima”) si intende l’insieme delle condizioni medie atmosferiche (quindi ad esempio temperatura, umidità, vento, pressione, precipitazioni) calcolate in una certa area geografica per un periodo di tempo piuttosto lungo (almeno trent’anni), dipende dalle condizioni geografiche come, ad esempio, l’altitudine, la latitudine, la presenza di mari o laghi, ecc. Il termine “clima” non va confuso con i termini “tempo” o “meteo” che comunemente indicano lo stato atmosferico di una zona in un ben preciso momento. Il clima di una certa zona influenza pesantemente non solo la flora e la fauna, ma anche, nel corso dei millenni, la geografia di un territorio e addirittura lo sviluppo dell’uomo.

Le ricerche volte a comprendere i cambiamenti climatici del passato sono decisamente complesse e interessano un numero elevato di ricercatori (geologi, biologi, fisici dell’atmosfera, oceanografi, modellisti…) che collaborano ognuno per la sua sfera di competenza a comporre il complicatissimo puzzle che prende il nome di paleoclimatologia.

I cambiamenti climatici coprono finestre temporali molto ampie, dai milioni di anni a causa dei cambiamenti geologici che il nostro pianeta ha attraversato nel corso delle ere geologiche (vedi la teoria della snowball earth), alle decine di migliaia di anni legati a fattori astronomici (eccentricità orbitale, inclinazione assiale e precessione dell’orbita terrestre), al migliaio di anni a causa di variazioni nella circolazione termoalina globale (vedi abrupt climate change, Dryas recente). Siamo, inoltre, a conoscenza, dallo studio delle carote di ghiaccio estratte dalle calotte groenlandesi ed antartiche e dalle serie sedimentarie campionate nei diversi oceani del mondo, che durante il Quaternario (2,5 milioni di anni fa) il clima è variato ciclicamente dando luogo a periodi molto più freddi dell’attuale detti glaciali e periodi con temperature simili a quelle attuali chiamati interglaciali. La domanda sorge, quindi, spontanea: se il clima sulla terra ha sempre subito cambiamenti, per quale motivo l’umanità si preoccupa in modo così eccessivo? La risposta si deve fare risalire a circa 200.000 anni fa, quando nella culla africana compì i suoi primi passi una specie a suo modo “eccezionale” nella sua diversità rispetto alle altre specie appartenenti al genere homo, l’homo sapiens. Questa specie, a partire dai 75.000 anni fa, migrò dall’Africa per colonizzare e insediarsi nelle restanti parti del pianeta ed è attualmente l’unica specie sopravvissuta del genere homo. L’uomo può modificare il clima? Rispondiamo con un’altra domanda: l’uomo può modificare l’ambiente?

Già molto prima della rivoluzione industriale, gli impatti ambientali dei sapiens sono ampiamente documentati. In Australia, ad esempio, 40-50.000 anni fa gli uomini, liberando vaste aree di foresta con gli incendi, potevano coordinare efficacemente le tecniche di caccia e controllare gli spostamenti degli animali. In tal modo causarono un drammatico impatto ecologico sulla flora e sulla fauna. Da allora gli eucalipti divennero la flora dominante e si estinsero le ultime specie della megafauna australiana. Certamente nella sua storia recente l’umanità ha subito l’effetto dei cambiamenti climatici testimoniato da migrazioni o crisi di diverse civiltà come quella accadica 2.200 anni a.C. o dei Maya nell’anno 1000, a causa di periodi di prolungata siccità, ma ugualmente l’umanità è prosperata raggiungendo livelli elevati di civilizzazione testimoniati da una costante crescita demografica e anagrafica. Oggi l’umanità ha superato i sette miliardi di individui, che per vivere hanno bisogno di circa 28 miliardi di animali d’allevamento. L’homo sapiens 50.000 anni fa fu in grado di modificare l’ecosistema australiano, l’uomo moderno fino a che punto ha modificato e può modificare l’ambiente e il clima del nostro pianeta? Una risposta in tal senso ci arriva da un team costituito da più di cinquemila scienziati inseriti nel network scientifico Past Global Changes (Pages) finalizzato alla comprensione dell’ambiente e del clima della Terra del passato. Dal 2006 Pages ha deciso di ricostruire il clima degli ultimi duemila anni attraverso un’iniziativa chiamata The Pages 2k Network, una rete costituita da nove working group, ciascuno dei quali raccoglie e tratta i dati paleoclimatici, dando così un contributo al progetto globale di ricostruzione del clima del passato. 2K Network ha pubblicato nel 2013 una ricerca su “Nature Geoscience” che confrontava i dati ottenuti da anelli di crescita degli alberi, pollini, coralli, sedimenti lacustri e marini, carote di ghiaccio, stalagmiti e documenti storici provenienti da 511 siti, ricostruendo così i cambiamenti della temperatura sulla superficie terrestre negli ultimi duemila anni. I due principali risultati confermano che l’attuale temperatura della superficie globale è la più calda degli ultimi millequattrocento anni (confermando il grafico a forma di bastone da hockey, previsto da molti scienziati del clima e negato dagli eco-scettici). Complessivamente, lo studio fornisce la migliore ricostruzione complessiva delle temperature locali e dei cambiamenti globali negli ultimi mille-duemila anni, coerente con le precedenti ricostruzioni delle temperature dell’ultimo millennio fatte tra il 2005 ed il 2010 e che hanno subito pesanti attacchi da parte degli eco-scettici.

In definitiva, nel corso degli ultimi duemila anni, fino a cent’anni fa, il nostro pianeta presentava una tendenza a lungo termine al raffreddamento, ad eccezione del periodo caldo medioevale avvenuto in tempi diversi nelle diverse aree del pianeta e con temperature comunque inferiori rispetto alle attuali. Il riscaldamento globale, tuttora in aumento a causa delle attività antropiche, che si è verificato a partire dalla fine del XIX secolo, ha invertito la persistente tendenza a un raffreddamento globale a lungo termine.

I ricercatori hanno evidenziato, inoltre, che secondo l’instrumental temperature record, le temperature superficiali medie nel periodo 1982-2012 sono risultate superiori di circa 0,2°C rispetto alla media del 1970-2000. L’aumento della temperatura media tra i secoli XIX e XX ha superato la differenza di temperatura tra tutti gli altri secoli consecutivi, in ogni area del pianeta, ad eccezione dell’Antartide e del Sud America. Negli ultimi cent’anni le temperature a terra e a mare sono aumentate di circa 0,8 gradi a causa della combustione di combustibili fossili, della deforestazione, del cambiamento di utilizzo dei suoli e dell’agricoltura industriale.

Il puzzle climatico del passato, grazie alla capacità della scienza di confrontare dati provenienti da diversi record del passato, si sta completando, mentre il futuro è ancora tutto da disegnare. Dipende dall’uomo in definitiva comprendere che il pianeta meraviglioso su cui viviamo ha una storia molto antica e precedente alla nostra specie comparsa nell’ultimo minuto e che è possibile prevedere uno sviluppo ecosostenibile che lo preservi anche per generazioni future.

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