Credere l’incredibile

di Arturo Pucillo

E’ difficile, davvero, star dietro a tutto ciò che viene detto in questi tumultuosi giorni. L’agone della politica è bombardato di proclami quasi tutti a senso unico: i migranti, oggi anche i Rom, sul domani non oso fare previsioni.

La Borsa del Popolo registra continui investimenti sulla retorica dell’assedio, sull’orgoglio dello zerbino che si rialza, sulla mitopoietica del Belpaese che assurge improvvisamente ad interlocutore rispettato e credibile dall’Alpi alle Piramidi (con un’incertezza per queste ultime, ma è questione di giorni). In questo bailamme, leggo da “La stampa” online un articolo in cui un barman capitolino definito “troll di professione”, ossia “utente della rete che diffonde notizie false, alimenta polemiche, le esaspera, tira fuori il peggio dalle persone”, narra le ultime gesta relative all’arcinota vicenda dell’Aquarius in fase di approdo in Spagna. Millantando di essere un ex membro dell’equipaggio della nave, racconta della felicità della gente a bordo, di sale giochi, di scommesse, di bei vestiti e lauti pranzi. Naturalmente tutto falso, tutto inventato. Risultato, 4 milioni di visualizzazioni e 120000 condivisioni sui social network. L’intervistatore si chiede il perché di tutto ciò; risposta: la storia “non me la sono inventata io, a ben vedere è stato Salvini a darmi l’ispirazione quando ha parlato di crociera e pacchia finita. Io dico soltanto alla gente quello che la gente vuole credere”. E’ quasi doloroso interrogarsi sui processi antropologici, sociologici, culturali che ci hanno portato sin qui. O, forse, sul ruolo dei media (tradizionali o social che siano). La disamina che segue nell’articolo parla di sfiducia nei media classici, contro la quale la formula magica (e social) “non ve lo dicono, statemi a sentire” ha successo, anche se seguita da una falsità più grande di quella propinata per via tradizione. Colpa dei media classici, che hanno perso la rappresentatività dei fatti con artificiali deformazioni della verità, passando per le diverse “macchine del fango” capaci di avvelenare i pozzi, rimestare nel torbido, ingigantire il piccolo e schiacciare il grande? Colpa dei social media, che agiscono passivamente da grancassa per le cosiddette fake news, la cui credibilità è in mano a slogan autoreferenziali come “tutto quello che non vi dicono”? Colpa di internet, che ha dato a tutti accesso alla verità e al suo contrario senza fornire adeguati strumenti di distinzione, rendendo credibile anche l’incredibile? Cito la fine dell’intervista, in cui il “troll” dichiara: “Non serve censurare, cancellare, controllare. Facebook ci sta provando, i siti di debunking anche, ma non funzionano. Serve educare, serve informare, occorre che i media recuperino credibilità”. Serve educare. Concordo con la primazia dell’educazione evidenziata dalla posizione in quest’ultima frase: prima di tutto c’è l’educazione, la vera sconfitta di questi anni. Educare è materia trasversale: educano i docenti, educano i discenti, educano i catechisti, educano i giornalisti, ci educhiamo reciprocamente io e te quando discutiamo di qualsiasi cosa, specialmente di cose grandi ed importanti come la Politica. Infine, educano gli aderenti di AC, in quanto cristiani, con la loro testimonianza di vita quotidiana, con parole misurate, con toni appropriati, con condotte inappuntabili, con umiltà, con la capacità culturale di approfondire attraverso la filigrana del Vangelo e del Magistero, incalcolabile valore aggiunto del nostro vivere il pellegrinaggio terreno. Ma soprattutto con l’amore: chi ama educa. Ma questo non ve lo dicono, statemi a sentire!