Don Bonifacio, un martire che scalda ancora i cuori

di Erik Moratto

 

Sabato 10 settembre si è svolta una giornata intensa nei dintorni di Crassiza per ricordare, italiani e croati insieme, il Beato don Francesco Bonifacio.

La giornata, a cui ha partecipato un folto gruppo di adulti e giovani dell’Ac di Trieste, è iniziata con la messa solenne bilingue celebrata dal vescovo di Parenzo e Pola mons. Dražen Kutleša e da numerosi sacerdoti dalle parrocchie istriane. Concelebranti da Trieste don Antonio Bortuzzo , assistente diocesano Ac, e don Giusepppe Imad Haddad, accompagnatore per la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. Presente anche la televisione croata, segno dell’importanza data oltreconfine all’evento.

Nella chiesa stracolma di fedeli i sacerdoti hanno indossato la stola rossa, simbolo del martirio, creando un’immagine molto calda e viva sul presbiterio stracolmo e sui primi banchi dove si erano seduti.

Nell’omelIa il vescovo Kutleša ha indicato con grande lucidità il Beato come esempio di cristiano, che nei momenti della prova è chiamato a dare testimonianza fino alla morte. Nella comunità infatti il suo esempio di sangue riesce a risvegliare i cuori e a spezzare le tenebre con la luce di Cristo.

Forte è stato il ringraziamento all’Azione cattolica, che a sua volta ha ringraziato Mario Ravalico per il suo instancabile lavoro nella ricerca sulla vita del Beato e nell’organizzazione dei vari progetti legati a don Francesco.

Di seguito alla celebrazione eucaristica i numerosi sacerdoti si sono recati presso il monumento realizzato nel punto esatto in cui don Francesco scomparve l’ 11 settembre 1946 per benedirlo.

Dopo il tradizionale pranzo presso l’agriturismo «Punta», in cui non sono mancati dialoghi informali su come valorizzare, anche in maniera dinamica, tale anniversario, il gruppo dell’Ac di Trieste si è recato anch’esso al monumento, dove ha avuto luogo un intenso momento di preghiera con la lettura del dialogo tra il Beato e i suoi carnefici, negli ultimi istanti di vita.

Inutile nascondere il grande sentimento e qualche lacrima di commozione calata sui volti di anziani ma anche dei giovanissimi dell’Ac, segno che il sangue del martirio passato scalda ancora cuori dell’oggi.

C’è stato poi il ringraziamento dei parenti di don Francesco che hanno espresso anche il desiderio, da sempre coltivato dal fratello Giovanni, di poter trovarne i resti mortali.

Mario Ravalico ha infine ricordato i vari professionisti che per la realizzazione del monumento non di rado hanno prestato la propria opera gratuitamente e con dedizione assoluta. Da segnalare anche i fiori e le piante portati spontaneamente dagli abitanti delle case vicine, riconoscenti e ancora pieni di amore per quel giovane sacerdote che, con la bicicletta e la talare sporca di fango, andava a portare aiuti materiali ai bisognosi e la Parola di Dio a tutti, senza distinzione etnica o di credo politico, fino all’ultimo respiro della sua troppo breve vita.

 

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