La gioia (complessa) della verità

di Michela Brundu

Mi era quasi sfuggito che il Papa, a Napoli, qualche giorno avesse ha partecipato al convegno “La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo”.

Al di là del suo articolato intervento, vale la pena soffermarsi sul documento – guida Veritatis gaudium, passato un po’ in sordina nella comunicazione multimediale. Se ne sa poco o niente, anche se circola dal gennaio del 2018. Sembra un’occasione per riprenderlo in mano.

La maggior parte riguarda la struttura e la dinamica delle università e delle facoltà ecclesiastiche.
Ma nel Prologo si respira l’inchiostro della penna di Francesco fin dall’inizio: «La gioia della verità (Veritatis gaudium) esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio. La verità, infatti, non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita che è la Luce degli uomini (cfr. Gv 1,4), il Figlio di Dio che è insieme il Figlio dell’uomo».

Ripercorre le grandi tappe di una riflessione non solo sugli studi accademici e sulla teologia, ma sulla stessa vita e senso della Chiesa. E usando espressioni sorprendenti, che siamo abituati a sentire nell’ambito pastorale. Dal Concilio Vaticano II che promuove, in Optatam totius, con vigore e profezia il rinnovamento della vita della Chiesa con una fedele e creativa revisione degli studi ecclesiastici, passando per l’Evangelii nuntiandi e la Populorum progressio di Paolo VI,
la Redemptor hominis di Giovanni Paolo II che precede di poco la sua Costituzione Apostolica Sapientia christiana (1979), proprio sugli atenei pontifici. Ora bisogna fare un passo avanti, dice Francesco, dare corpo e opera a questo lungo cammino, forti del fatto che «uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato proprio quello di cercare di superare il divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita. Oso dire che ha rivoluzionato in una certa misura lo statuto della teologia, il modo di fare e di pensare credente».

Ed è questa la discriminante chiave di lettura che ispirerà il successivo magistero sociale della Chiesa, dalla Laborem exercens alla Sollicitudo rei socialis alla Centesimus annus alla Caritas in veritate di Benedetto XVI fino alla Laudato si dell’attuale pontefice.

Ma perché tanto aggiornamento è stato ed è necessario? Teologia e studi accademici non sono dunque fissi e cristallizzati, come si percepisce nell’immaginario collettivo.
Lo spiega ancora Francesco: «L’esigenza prioritaria oggi all’ordine del giorno, infatti, è che tutto il Popolo di Dio si prepari ad intraprendere “con spirito” una nuova tappa dell’evangelizzazione. Ciò richiede un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma (EG). … Gli studi ecclesiastici, infatti, non sono solo chiamati a offrire luoghi e percorsi di formazione qualificata dei presbiteri, delle persone di vita consacrata e dei laici impegnati, ma costituiscono una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo e che si nutre dei doni della Sapienza e della Scienza di cui lo Spirito Santo arricchisce in varie forme tutto il Popolo di Dio: dal sensus fidei fidelium al magistero dei Pastori, dal carisma dei profeti a quello dei dottori e dei teologi».

Si intravede dunque una ricerca complessa per trovare un nuovo stile per nuove prospettive. Processi non ancora intrapresi e strade mai percorse. Il Papa dà infine quattro criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria.

Innanzitutto, criterio prioritario e permanente è quello della contemplazione, per radicarsi nella «sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù che va facendosi carne sempre più e sempre meglio (EG) ».
Un secondo è quello del dialogo: non come semplice atteggiamento tattico, ma come necessario per fare esperienza comunitaria della gioia della Verità e per approfondirne il significato e le implicazioni pratiche. Come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, «la verità è “logos” che crea “dia-logos” e quindi comunicazione e comunione»
Di qui il terzo criterio: l’inter- e la trans-disciplinarietà esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione. Francesco richiama « il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni».
Ecco il punto: studi che offrano una pluralità di saperi, perché la realtà stessa è multiforme, nella luce dischiusa dall’evento della Rivelazione. «In Cristo Gesù – scrive l’apostolo Paolo –, sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3).
Il quarto criterio concerne la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici. E citando ancora la Laudato si, Francesco ricorda che «dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune».

Percorsi e piste, ancora una volta, proposti da Francesco: lui non chiude discorsi ma avvia processi… Per teologi di professione, certo, ma anche per chi è theós –lógos: chi parla di Dio. E dunque ogni credente.