Popolari tra il popolo

di Arturo Pucillo

Noi aderenti di Azione Cattolica, chi più chi meno, spendiamo parte del nostro tempo a teorizzare un modo di stare nella società, nel mondo, lasciandoci ispirare dal Vangelo e traendo la forza dai Sacramenti e la sapienza dalla Tradizione e dal Magistero.

Riconosciamo dunque nel Signore Gesù Cristo e nella Sua Chiesa la lezione permanente e vivente dello stare hic et nunc.
E’, quello odierno, un momento delicato della vita istituzionale italiana. Accadono (in realtà sono sempre accadute) fasi della vita sociale e politica del Paese e del suo popolo connotate da timbri marcati, colori accesi, passioni più o meno profonde che si scatenano: un rilascio di energia che spesso dà luogo a terremoti le cui onde, prima di ridiventare placide e innocue, squassano la vita delle istituzioni e dei cittadini. È sufficiente soffermarsi a leggere gli articoli di quotidiani e settimanali dedicati alla storica domenica della (provvisoria) caduta del governo giallo-verde ma più ancora la caterva di messaggi brevi affidati ai social network. Di questi ultimi, in particolare, colpisce talora la brutalità, condizionata dalla necessità di essere brevi ed efficaci nella comunicazione, ma comunque destinata a scavare solchi, erigere muri, tracciare i confini dell’ “o di qua o di là”, rinfocolare animosità che magari nascono da altri motivi, ma convergono sulle sabbie mobili della scottante attualità. Tra questi messaggi, ve ne sono alcuni indicativi: “Sto passando ore a ripulire i miei contatti su Facebook/Twitter, non ne posso più di queste persone”, “d’ora in poi solo amici che la pensano come me”, e via dicendo.
Ecco, mi viene in mente il paradigma associativo della popolarità: credo che un modo saggio e cristiano di abitare un oggi così complicato sia di lavorare ostinatamente per evitare questi muri, questi solchi, questi confini. Il percorso che vogliamo tracciare passa dal non cedere alla tentazione di ampliare lo spazio di incomprensione che inevitabilmente viene a crearsi tra noi e il nostro prossimo (perché anche il contatto estemporaneo su Twitter è il nostro prossimo!), e dall’imparare ad abitare questo spazio per ridurre le distanze e non accentuarle. La disponibilità all’ascolto nella verità può e deve essere il nostro faro puntato sul futuro: significa non rinunciare, dopo aver fatto discernimento, ad indicare l’errore all’altro, non avendo paura di ammettere il proprio, ma offrire sempre un tempo di ascolto e di confronto, anche a costo di subire attacchi, ironie e anche ingiurie. A volte lo sberleffo ironico sdrammatizza e stempera, ma vi sono momenti in cui può essere dannoso: è questo il tempo di rinunciarvi, concentrando le energie nello sforzo di comprensione e di spiegazione.
Questa popolarità oggi ci è richiesta, a prescindere dall’altrui approvazione, che pure è il sale della comunicazione cosiddetta “social”. Forse, entrare nella polis mediatica dei social e mostrare a quel mondo (che poi del mondo è un estratto fedele) uno stile di ascolto paziente, un ritmo più lento ma più profondo, una propensione all’approfondimento al posto dell’immediatezza spesso mendace è veramente la frontiera attuale della popolarità a cui l’Azione Cattolica deve tendere.