Sotto copertura

di Arturo Pucillo

 

Salta all’occhio, in questi giorni di fermento internazionale, il clamore planetario che ha accompagnato la visita di Hassan Rouhani, presidente iraniano (leader sarebbe troppo, con l’ombra lunga degli ayatollah che si proietta a coprirne – quella sì – ogni passo). Molti caratteri stampati e virtuali sono stati spesi per descrivere gli eventi, noi ci limitiamo a ricapitolare brevemente: visita ufficiale di Rouhani in Italia (la prima dopo la fine delle sanzioni economiche internazionali che hanno afflitto l’Iran per un lungo decennio), a suggellare un rapporto privilegiato che lega i due Paesi. Come ogni visita ufficiale, esiste un complesso protocollo formale la cui predisposizione è curata da un apposito ufficio del Cerimoniale di Stato.

Tra le varie tappe previste per questa visita, vi erano anche i Musei Capitolini, al cui interno si lasciano ammirare opere scultoree di grande pregio e di realismo, per così dire, adamitico. Evidentemente si è pensato che il rappresentante di un Paese confessionale con difficoltà a relazionarsi pubblicamente con la nudità potesse essere gratificato da una cortesia molto particolare: vedersi preclusa l’occasione stessa di tali conturbanti visioni. Di lì una affrettata operazione di copertura delle statue incriminate tramite pareti nude – sic – installate ad hoc. Fin qui i fatti (più qualche elucubrazione sul possibile retropensiero del suddetto ufficio del Cerimoniale). Ma veniamo al seguito: la solita ridda di dichiarazioni e polemiche, la cui eco ci giunge anche da altri Paesi. C’è chi stigmatizza la copertura come sconfitta della cultura italiana dinanzi alle (sotto)culture straniere; c’è chi (come la “Bild” tedesca) ritiene che una statua nuda sia più importante di un affare miliardario; c’è il ministro Franceschini che si dichiara allibito nonché ignaro della decisione di procedere all’oscuramento; c’è chi, voce dissonante, loda la scelta (Maurizio Guandalini, “Huffington Post”), ritenendo che sia proprio della laicità di uno Stato effettuare scelte, come questa, che dimostrano attenzione e cura nell’evitare gaffe internazionali; c’è chi, come Vittorio Sgarbi, ricorda che la nudità maschile integralmente rappresentata sia un canone culturale accettato fin dall’antichità e, incidentalmente, in linea con le prescrizioni dell’Islam (così come la copertura senza se e senza ma della nudità femminile). Non è dato sapere se il presidente Rouhani, condotto attraverso qualche ufficio pubblico nel corso della visita, abbia avuto a che ridire per la presenza del crocifisso a parete o se a quest’ultimo non sia toccata la medesima pudica sorte delle ingombranti statue del museo.