A proposito (e sproposito) di “scelta religiosa”

di Giovanni Grandi

 

Che cos’è la “scelta religiosa”, espressione che rappresenta l’icona della “filosofia” dell’Azione Cattolica, maturata nella scia del Concilio Vaticano II? Ne parla Stefano Fontana dalle pagine di Vita Nuova (http://www.vitanuovatrieste.it/no-al-suicidio-pubblico-della-chiesa-italiana/) e dell’Osservatorio Van Thuan, a conclusione di una riflessione in merito al dibattito sulle unioni civili, in cui auspica una precisa linea d’azione nella contestazione al disegno di legge Cirinnà. Scrive così: «Non agire, non scendere in piazza, non protestare, non richiedere con una sola voce e davanti alla nazione, in pubblico, il “no” a questa legge vorrebbe dire ritornare indietro alla “scelta religiosa”, che fu, nonostante l’espressione, una chiara scelta politica: per la presenza nella società alla spicciolata, per la rinuncia ad una visione cattolica delle cose, per la messa da parte della verità nei rapporti con la fede, per una afasia sistematica dei cattolici sulla scena pubblica a vantaggio dei poteri dominanti. Non è stata una scelta solo religiosa ma propriamente politica allora e così sarebbe anche oggi: significherebbe la sottomissione al potere politico vincente e arrogante di oggi, un sì alla violenza condita con l’autoconsolazione della democrazia».

Vale la pena accostare a questa presentazione le parole del 1979 di Vittorio Bachelet, «a cui è dedicata un’aula nell’Università di Trieste, figura che seppe offrire una tra le testimonianze più ispirate di maturità laicale cristiana», che affermava così: «Di fronte a questo mondo che cambia l’Azione Cattolica si chiese su cosa puntare. Valeva la pena correre dietro a singoli problemi o puntare invece alle radici? Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando le zolle della realtà sociale italiana, che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido. La scelta religiosa, buona o cattiva che sia l’espressione, è questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato».

Che cosa sia la scelta religiosa risulta piuttosto chiaro e immaginiamo che Vittorio Bachelet sapesse il fatto suo, essendone promotore e Presidente Nazionale all’epoca della transizione dell’Azione Cattolica al nuovo statuto. Né si può dire che sia stato uomo assente dal dibattito pubblico e restio a esporsi di persona per la giustizia, la legalità e il rispetto delle persone, senza alcun bisogno di essere indirizzato puntualmente sul da farsi da bussole diverse rispetto alla fedeltà al Vangelo, nel discernimento della Chiesa tutta.

A volere aggiungere qualche parola di commento, si potrebbe proseguire così: «Questa ispirazione, condensata nell’espressione scelta religiosa, rimane viva nell’Associazione ed impegna in primo luogo a coltivare una profonda ed intensa vita spirituale. […] Assiduità nella preghiera e cura della vita spirituale sono la condizione perché possa esserci quella conversione personale, capace di portare la novità del Vangelo in ogni contesto e situazione. Oggi è quanto mai necessario che proprio il laicato ritrovi l’intimità del colloquio con Dio, che si fortifichi nella capacità di assecondare le ispirazioni del cuore, tanto cara alla tradizione della Chiesa, e senza la quale non è pensabile di poter contribuire efficacemente al discernimento dei segni dei tempi».

Il virgolettato, come quello di apprezzamento per la figura di Bachelet riportato sopra, viene dalla Nota Pastorale di S.E. mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo-Vescovo di Trieste, “Cammini di santità laicale nel quotidiano” al nr. 3, che il Direttore di Vita Nuova (Settimanale cattolico della medesima Trieste) potrebbe utilmente rimeditare, quantomeno per non attribuire all’espressione in questione significati impropri e darne interpretazioni fuorvianti.

Alla scelta religiosa occorre costantemente ritornare, che anzi solo questo ritorno consente di andare avanti. Se poi sia più o meno sensato, in determinate circostanze storiche e su determinati temi, «scendere in piazza con una sola voce davanti alla nazione», questo lo si può senz’altro discutere, sempre ricordando che anche tra i cristiani rimangono legittime posizioni diverse.

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