Vecchi vescovi

di Michela Brundu

 

È quasi estate. Tra le notizie e notiziole che arrivano copiose e quasi ci sovrastano, in questi ultimi giorni capita di sentire due vescovi che si autodefiniscono “vecchi”.

È una curiosità a bordo pagina, d’accordo. Ma viene voglia di dedicarle attenzione.

La vecchiaia può essere percepita dall’interessato come una stagione speciale: è l’ultima, e non ancora completata, fase della vita terrena. Per chi crede (e si suppone che questo sia il caso dei vescovi) è anche l’anticamera del “totalmente diverso”, di una vita altra dove quella in corso si rispecchia e si illumina, trova unità e senso.

Nella vecchiaia si può diventare supponenti, a volte saccenti: soloni che spiegano agli altri chi sono (gli altri medesimi). Capita che un vecchio si ponga davanti a un giovane “leggendogli la vita”, analizzando in modo lapidario quali sono le sue speranze e i suoi limiti, i suoi ideali e le sue banalità. Decidendo pure, dall’alto dei suoi anni, se la vita di qualcuno che non conosce ha un senso o meno e decretando se è o meno sprecata. Succede. Anche di fronte a tragedie che lasciano sgomenti. Per la loro assurdità, per la loro bestialità. Per una durezza esistenziale che non capiamo. Succede.

A volte i vecchi straparlano, presi dall’ansia di combattere un nemico che li ossessiona. Che sia il laicismo o la melensa spiritualità new age che pervade il nostro tempo o la banalità delle montagnole di pelouche in ricordo di tanti ragazzini. Non importa. Perdono la testa e menano fendenti anche alle vite di poveri adolescenti morti.

Poi, per coprire i loro sproloqui, citano (magari a sproposito) un illustre cardinale; disgraziatamente proprio per qualche dichiarazione non memorabile.

E poi ci sono altri vescovi, altrettanto anziani, ma di un impasto diverso. Alle spalle un ministero nelle parrocchie e nei seminari, tra la gente semplice con problemi veri. Vescovi di diocesi piccole e marginali, che mantengono il polso della realtà. Hanno un debole per i poveri e per chi è in difficoltà. Uno di questi nel 2015 raccoglie i suoi interventi in un libretto La gioia della carità. Ha un debole pure per i giovani che dipinge come «le rondini che vanno verso la primavera».

Che tipo! Quando riceve a sorpresa la berretta cardinalizia pensa a uno scherzo e maltratta la sagrestana che era corsa a dargli l’annuncio.

Alla prima intervista dice che «la Chiesa italiana sente da tempo di essere chiamata a uscire dalle sagrestie. Probabilmente ci siamo troppo adagiati sull’esistente». E parlando della Chiesa che è in Italia, tutto ha in mente meno che tra poco sarà il capitano dei vescovi.

Ma la CEI lo mette nella terna e Francesco lo sceglie. Emozionato, commenta che il Papa ha avuto un bel coraggio «nell’affidarmi questa responsabilità al crepuscolo della mia vita».

E poi sussurra: «Il Santo Padre crede nella capacità dei vecchi di sognare». E sorride.

Già, i vecchi vescovi non sono tutti uguali.

Torna in alto