Verso l’Assemblea elettiva

di Giuliana Terzani Ravalico

 

 

Il mio mandato di presidente diocesana di Azione cattolica, lungo quasi quattro anni, dal 1998 al 2002, è stato caratterizzato dal passaggio al terzo millennio.

È stato un periodo di riflessione e ricerca nella Chiesa: tre anni di preparazione al grande Giubileo con pellegrinaggi sia a San Giusto che a Roma e sfide importanti come la richiesta del vescovo Eugenio della purificazione della memoria.

Nell’Ac riveste un’importanza centrale la formazione integrale della persona. Tra le tante iniziative formative, ricordo in particolare la nascita della Scuola per futuri educatori parrocchiali organizzata dall’Acr, gli incontri sul discernimento comunitario con don Paolo Doni e sul servizio con il vicepresidente nazionale Ernesto Preziosi, e il convegno sulla testimonianza nei campi propri dei laici (carità, politica, famiglia e lavoro).

Molteplici sono stati anche gli incontri di spiritualità e gli esercizi spirituali annuali alle Beatitudini per giovani e adulti.

Il Msac e la Fuci avevano ripreso vivacità dopo un periodo di crisi, tanto da organizzare insieme una tre-giorni a Klanec (Slo) incontrando i giovani sloveni per “Costruire ponti nella Chiesa”.

Nel 2000 abbiamo avuto anche la gioia di riprendere l’attività nella casa di Borca di Cadore ristrutturata completamente, con campi-scuola diocesani unitari e parrocchiali e a settembre le giornate culturali organizzate insieme alla Diocesi.

Nel quadriennio però, accanto a tante luci c’è stata anche qualche ombra. Alcuni nodi irrisolti vanno ricordati: l’unitarietà, cioè il campo in cui si sviluppa e cresce il dialogo intergenerazionale, ha trovato terreno poco fecondo. Troppo spesso la programmazione e le iniziative sono state organizzate da ogni singolo settore senza il coinvolgimento globale dell’Associazione. E devo ricordare pure la difficoltà che avevamo a trovare un metodo per aumentare la diffusione dell’Ac nelle parrocchie.

Se all’interno dell’Associazione le esperienze arricchivano, le gioie incoraggiavano e le difficoltà ci pungolavano a fare meglio, all’esterno mostravamo forse il volto migliore. Chiaro, incisivo ed efficace, sia nella Chiesa diocesana che nella città.

In quegli anni, infatti, si registrava una notevole responsabilità dell’Ac in diocesi: direttori di «Vita Nuova» e della Caritas erano due laici aderenti all’Ac; importanti i contributi di idee, proposte e servizio attivo all’Ufficio di Coordinamento pastorale diocesano riguardo alle Giornate pastorali di settembre, a iniziative giubilari, alla Missione Giovani, alla preparazione al Convegno diocesano La Chiesa di Trieste tra storia e profezia (2003).

Ma anche giovani e ragazzi dell’Azione cattolica erano protagonisti ecclesiali in quegli anni. Da una parte, un segno qualificante di servizio alla Chiesa è stato l’inserimento del percorso formativo dell’Acr come preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana dei fanciulli. Dall’altra, i giovani dell’Ac, su mandato del vescovo, hanno rafforzato il dialogo con le altre comunità cristiane, promuovendo ed animando incontri ecumenici giovanili.

Allora la Consulta delle Aggregazioni laicali era assopita, per cui l’Ac si è fatta promotrice di alcuni incontri con altre Aggregazioni laicali verso proposte di legge regionali che interpellavano i laici, in particolare la legge cosi detta dei «parchi dell’amore» che avrebbe voluto trovare dei luoghi appropriati per l’esercizio della prostituzione. La legge è stata bloccata.

In seguito la Consulta ha ripreso l’attività dandosi un nuovo Statuto e cercando di creare comunione tra le varie Aggregazioni e di armonizzare progetti e programmi, attuando qualche iniziativa comune, per essere a servizio della Chiesa locale e non solo della propria aggregazione.

L’impegno ci ha portati a fare un cammino sulla via della pace insieme ad altre realtà anche non ecclesiali (enti locali, sindacati e altre associazioni) come, per esempio, la marcia della Pace o l’adesione al Progetto di Aggregazione Giovanile promosso dal Comune di Trieste e che aveva visto l’Ac tra i fondatori.

La testimonianza e l’impegno di un aderente all’Ac devono svilupparsi anche nel contesto sociale, politico e culturale della città. In questo scenario va collocato il convegno Vittorio Bachelet uomo del passato per i giovani d’oggi, che ha coinvolto oltre all’Ac anche l’Università, il Comune e la Regione. Gli atti sono stati pubblicati tra i «Documenti della Chiesa di Trieste».

Anche la tavola rotonda Trieste 2000: lavoro dove, come, quando proposta ed organizzata dal Mlac insieme ad Acli e Ucid è stata un’occasione di riflessione e confronto molto importante. Anche se l’anno successivo ha avuto purtroppo conclusione l’esperienza del Mlac nella nostra diocesi, nell’Associazione ha continuato l’attenzione al mondo del lavoro.

Credo possa essere opportuno che nel nuovo triennio l’Associazione si faccia promotrice di una riflessione sulla drammatica situazione del mondo del lavoro soprattutto in campo giovanile. L’Azione cattolica, infatti, va proiettata con nuova incisività nell’impegno quotidiano, sociale e civile: è lì che ci riconosciamo laici cristiani. È nella Chiesa e nel mondo la sua vocazione.

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