Impressioni dall’Assemblea nazionale

di Gianguido Salvi

 

Come sempre quando mi viene chiesto di tradurre in parole le sensazioni e le passioni che vivo, ho un attimo di esitazione, così è per molte cose della mia vita, di questo incredibile viaggio in cui mi trovo proiettato, aiutato dalle poche coordinate che l’esperienza mi offre e avendo come stella polare la rotta che il Signore ha già tracciato per me, ma di cui ancora non conosco l’approdo definitivo.

Lo stesso posso dire della mia ultima esperienza di fine aprile legata alla trasferta a Roma assieme ad alcuni componenti del Consiglio diocesano di Azione cattolica per votare il nuovo Consiglio nazionale e per vivere le atmosfere di un’Assemblea celebrativa di centocinquant’anni di storia.

L’impatto è inevitabilmente forte, più di mille aderenti tra delegati nazionali e uditori presenti per ascoltare, discutere, confrontarsi, votare con una passione e secondo logiche ormai quasi del tutto sconosciute. Rispetto ed attenzione per le opinioni altrui, la comunione dei momenti di preghiera e la condivisione di esperienze nelle lunghe chiacchierate serali per il puro piacere di conoscere ed apprendere da altre realtà problemi e possibili soluzioni, ma anche per assorbire l’entusiasmo di amici che vedono il mondo con le nostre stesse passioni e sensibilità.

Tali atmosfere raggiungono l’apice nella giornata del 30 aprile in cui ci raduniamo intorno a papa Francesco in piazza San Pietro per celebrare il centocinquantesimo anniversario della nostra storia, una storia caratterizzata da un amore grande per Gesù e per la Chiesa tramite la quale, esortati dal Santo Padre, «non dobbiamo stancarci di percorrere le strade attraverso le quali è possibile far crescere lo stile di un’autentica sinodalità, un modo di essere Popolo di Dio in cui ciascuno può contribuire a una lettura attenta, meditata, orante dei segni dei tempi, per comprendere e vivere la volontà di Dio, certi che l’azione dello Spirito Santo opera e fa nuove ogni giorno tutte le cose»; un popolo di Dio che ho osservato con emozione mentre il pullman percorreva le strade di Roma: migliaia di famiglie, ragazzi, bambini, una folla immensa colorata e gioiosa – più di centomila persone -, riunita per festeggiare il piacere di raccontarsi e raccontare al nostro paese la storia entusiasmante di una relazione profonda con il Signore, la bellezza di una responsabilità condivisa nella fede costruendo nell’accoglienza e nel dialogo lo stile con cui farsi prossimi gli uni agli altri. Questi erano i miei pensieri mentre rientravo con i miei giovani a Trieste e questi sono i miei pensieri tuttora dopo i quattro giorni intensi ed entusiasmanti vissuti a Roma; c’è tanto bene nel mondo, nel nostro paese, nella nostra città, tante persone come noi appassionate, che si impegnano quotidianamente, che lottano, faticano, ma che credono con forza nella relazione e nel patto d’amore di Dio con noi. Come ci ricorda, infatti, Matteo Truffelli, il presidente nazionale, «essere Chiesa in uscita oggi significa anche sapere che in una stagione di precarietà e di sfilacciamento è chiesto pure a noi di accettare senza spaventarci una condizione di incertezza e di debolezza, condividendo, anche così, la condizione degli uomini di oggi». Come riflessione finale credo che vada sempre più rafforzata la stretta relazione che l’Azione cattolica ha sempre avuto con il nostro vescovo ed i nostri sacerdoti per la ricerca comune di strade di accoglienza al servizio della diocesi e delle parrocchie dove la Chiesa abita in mezzo alle persone.

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