Ancora e sempre più Europa

di Silvano Magnelli

 

Quando sessant’anni fa i fondatori dell’Europa unita facevano i primi passi, avevano nei loro sensi ancora l’odore acre del sangue e del fumo delle macerie di una guerra scoppiata in Europa per precise responsabilità di fanatismi nazionalisti e razzisti, una guerra poi dilagata nel mondo. Solo un movimento complessivo di riforma delle relazioni internazionali, civili, politiche, economiche, culturali, religiose tra i popoli e le comunità poteva fare un percorso diverso e farci uscire dall’odio disseminato.

A sessant’anni da quei giorni storici, dai Trattati di Roma del 1957, riaffermiamo le ragioni dell’unità europea come passaggio indispensabile alla pace e alla convivenza. Anche se non tutto va nel senso giusto nell’Unione europea e ci sono lacune, rigidità, eccessi burocratici, incomprensioni, gravi disuguaglianze, tali e tanti sono stati i vantaggi di questa ricomposizione, che sentiamo il bisogno di farla crescere e migliorare, non certo di annullarla come da più parti le spinte nazionaliste e separatiste di sempre vorrebbero per riportarci così indietro in situazioni pericolose anche per la pace. Sembra infatti quasi impossibile, di questi tempi, parlare di Europa unita, perché siamo sotto la pressione di un’opinione pubblica aizzata contro l’idea stessa di un’Europa unita. L’Europa senza confini, allargata, collaborativa, patria dei diritti umani, spazio dello scambio culturale e scientifico, interreligiosa, anche se ancora inquinata da strettoie burocratiche, interessi finanziari disordinati e da diffuse disuguaglianze, viene oggi messa al bando da forze disgregatrici, che poi ci rifanno discorsi che sappiamo bene dove possono portare, ovvero nel vicolo cieco della conflittualità tra i popoli e delle divisioni potenzialmente bellicose tra le nazioni. Chi ha a cuore la pace e la fraternità, come naturalmente dovrebbe essere per chi crede nel Vangelo di Gesù, non può che opporsi a questi tentativi di smembramento e di ostilità, che nascono da un settarismo ideologico, in cui c’è posto solo per una parte di umanità e non per tutta l’umanità.

Dopo la Brexit, che ha visto vincere un’idea separatista e contraria alle esigenze delle nuove generazioni, che ben altro volevano, e dopo l’avanzare di queste posizioni estreme e fuori dal tempo, specialmente in Francia, uno dei paesi fondatori della Ue, è il caso di tenercela stretta l’Unione europea, come garanzia anche per le nuove generazioni di poter usufruire di quel clima di convergenza sempre imperfetto certo, ma ormai indispensabile, di cui hanno usufruito le nostre generazioni postbelliche. Oggi più che mai non sono consentiti passi all’indietro, distrazioni di massa e indifferenze colpevoli. La posta in gioco è molto alta e la storia deve esserci da maestra della vita.

Almeno quattro milioni di giovani studenti europei hanno usufruito del programma Erasmus con enormi vantaggi nella loro formazione e conoscenza. Cifre altrettanto significative quelle dei lavoratori che si sono liberamente mossi, acquisendo professionalità e aumentando gli scambi culturali, tecnologici, commerciali, economici. Molti i giovani che si sono inseriti nei progetti di volontariato europeo, mettendosi al servizio di altre comunità nazionali, vasto lo scambio degli studiosi e dei ricercatori grazie alle collaborazioni universitarie. I posti di lavoro hanno migliorato le sicurezze ambientali grazie alle direttive europee diventate leggi nazionali, così nell’ambito sanitario, così nella movimentazione turistica ed artistica. Le comunità religiose stanno dando vita a processi di unificazione e di integrazione che riguardano tutte le Chiese cristiane e tutte le religioni.

A tutto questo non vogliamo rinunciare, anzi intendiamo aumentare l’intensità di questo modo di intendere la vita dei nostri popoli, che hanno già abbastanza sofferto.

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