Avere fiducia nell’economia. Anche al Sud.

di Davide Martini

In un periodo in cui le banche non godono di un favorevole “credito” di fiducia ci sono anche esempi contrari.

Uno di questi esempi parla “napoletano” sfatando un altro dei luoghi comuni duri a morire e cioè che il Sud del nostro paese è solo capace di piangersi addosso ed incapace di reagire senza l’aiuto di “mamma stato”.

Caivano, provincia di Napoli, sede della multinazionale Italcables di proprietà portoghese con cinquantuno dipendenti; l’azienda chiusa da due anni con i lavoratori in cassa integrazione e mobilità riesce a riaprire grazie alla tenacia ed alla caparbietà di questi operai che non si sono arresi e hanno chiesto aiuto alla Lega Coop Campania ed a Banca Etica. La prima, attraverso un fondo di promozione Coopfond interviene con 300.000 euro, la seconda attraverso un mutuo chirografario della durata di diciotto mesi investe 500.000 euro; indispensabile è stato anche il contributo degli stessi lavoratori che hanno messo sul piatto un altro milione e 275.000 euro quale anticipo della loro mobilità. In seguito è intervenuta anche la Cfi, società partecipata del Ministero dello Sviluppo Economico ed il sogno si è potuto concretizzare. In questa storia con esito positivo, il paradosso (come purtroppo accade sempre più di frequente) sta nel fatto che all’azienda in oggetto non mancava lavoro, anzi! Tale società produceva (e per fortuna, continuerà a produrre) cavi d’acciaio per infrastrutture di altissima qualità (altro luogo comune sfatato e cioè che nel nostro disastrato Mezzogiorno non esistano le eccellenze) con ordinativi anche oltreoceano ed un fatturato superiore ai 50 milioni di euro annui. Parlavo di paradosso, perché, pur in presenza di tali condizioni favorevoli troppo spesso le multinazionali preferiscono delocalizzare ad ogni costo per ricercare quella “massimizzazione” del profitto unico obiettivo di manager senza scrupoli, amanti di retribuzioni a sei cifre. In questo caso, per fortuna, attori meno miopi hanno scelto una strada diversa: gli operai, affiancati da una realtà cooperativa e finanziati da un istituto di credito attento anche allo scopo sociale dell’attività finanziaria (non solo a giochi contabili a segno più) hanno compiuto il miracolo. Parola, quest’ultima, forse inappropriata per descrivere una situazione certo atipica, ma possibile ed anche conveniente. Di atipico non c’è solo infatti la collaborazione tra mondo cooperativo e mondo finanziario (stavolta senza le degenerazioni già viste in altri contesti), ma anche l’iniziativa imprenditoriale degli stessi dipendenti che, ripartendo da questa nuova solidità economica, potranno in seguito acquistare i 75mila metri quadri dello stabilimento e diventare essi stessi proprietari dell’impresa nella quale lavorano. L’ importanza di tale operazione, a mio modesto parere, andrebbe ricordata non solo nei libri di buona economia (ottimo esempio di sostenibilità economico-finanziaria), ma altrettanto in quelli di filosofia morale (secondo i più alti principi etici). Lavoratori che preferiscono rischiare sulla propria pelle denaro necessario alla loro sopravvivenza attuale, per reinvestirlo in un’attività economica produttiva utile a loro (ed alle loro famiglie, certamente) ma anche a quello del territorio in cui vivono (pur difficile); è proprio vero, in questo caso, che con quest’azione i lavoratori della Italcables (anzi, è più preciso parlare di Wbo Italcables: wbo sta per “workers buyout”, cioè lavoratori che acquistano la società di cui sono stati dipendenti) hanno messo in pratica il motto dell’unica Banca che ha creduto in loro e cioè che l’interesse più alto è quello di tutti (Banca Etica) e quello di un grande uomo dell’altra parte dello Stivale che parlando dell’azione politica diceva: un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni.

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