Il breviario di don Francesco

di Mario Ravalico

 

 

Don Francesco, quando percorreva i sentieri e le stradine di campagna per visitare villaggi e casolari, oltre al bastone per difendersi da eventuali serpi che poteva trovare sul suo cammino, portava sempre con sé il suo breviario. Lo confermano diverse persone, sia di Cittanova, che di Crassiza soprattutto.

Anche quel giorno don Francesco aveva con sé il breviario, lo teneva in una borsa. Lo descrive in modo abbastanza preciso uno degli uccisori, Jordan N., quando, raccontando ad una terza persona quanto era successo negli ultimi momenti, così dichiarava: «Il prete aveva una borsa che teneva sulle ginocchia, quando era seduto in macchina e da questa borsa ha preso il libretto delle preghiere, che teneva in mano quando avvenivano i fatti riferiti. Il prete era testardo e continuava a dire preghiere quando l’altro gli intimava di tacere». Quel libretto di preghiere era senza dubbio il suo breviario che rimase con don Francesco fino alla fine. E poi? Dove finì? Rimase là sul posto del martirio o qualcuno lo prese e se lo portò via? Ma dove? Non si sa. Si sa soltanto, attraverso una dichiarazione resa al Tribunale diocesano il 7 marzo 1957, che il breviario sarebbe stato «trovato durante l’estate del 1956 in una siepe vicina al luogo del delitto» e che «il breviario viene gelosamente custodito da una famiglia nella casa più vicina al luogo del delitto…». Se vera l’ipotesi, la casa dovrebbe essere o una di quelle di Radanici oppure di Danielisi, le due frazioni sulla strada tra Peroi e Gardossi, vicine al sentiero che scende dal monte Ciuchet percorso da don Francesco. E poi?

Diversi anni dopo – era circa verso il 1958 – una donna che non disse chi fosse, né da dove venisse, né chi l’aveva mandata, si presentò a casa della mamma di don Francesco, a Trieste. Allora siora Gigia abitava in una delle soffitte della casa al n. 1 di via Vasari; al terzo piano abitavo io con la mia famiglia. Quella donna consegnò alla mamma di don Francesco il breviario: era proprio quello, lo aveva riconosciuto immediatamente. La donna non disse nulla di come lo aveva avuto, chi glielo aveva dato e soprattutto chi lo aveva conservato in tutti quegli anni. Consegnato il breviario, scappò via in fretta. Tra le lacrime, siora Gigia scese fino alla mia abitazione e mostrò il breviario a mia mamma. Vidi anch’io quella scena che non dimentico. Da allora il breviario rimase sempre in custodia alla famiglia Bonifacio ma, forse, nessuno osò aprirlo e sfogliarlo, magari per riverenza.

Di recente ho avuto occasione di esaminarlo, non senza emozione. È interessante notare alcuni particolari di quel breviario – una vera reliquia – come le annotazioni riportate nella prima e nell’ultima pagina di esso. Con la sua minuta e ordinata calligrafia, don Francesco aveva scritto nella prima pagina: «subd. Franciscus Bonifacio 25.X.36 ord. Ep. Fogàr», si intende l’ordine del suddiaconato ricevuto in quella data dal vescovo di Trieste e Capodistria, nella cappella dell’episcopio di Trieste. Solo qualche giorno più tardi, costretto, il vescovo dovette abbandonare per sempre la sua diocesi. E, alla fine del breviario, nell’ultima pagina un’altra annotazione: «Ricordo di mons. F[ortunato] Fornasaro rettore del Seminario di Capodistria», con la data: «Capodistria 2.XI.36». L’aveva ricevuto in dono solo pochi giorni dopo la sua ordinazione suddiaconale, quando cioè per lui iniziava l’impegno di recitare quotidianamente la liturgia delle Ore.

Sfogliando con attenzione quel breviario, ci si accorse che all’interno esso aveva due immaginette, come segnalibro, messe in due punti precisi di esso; il primo a pagina 13 del breviario è l’immagine di Gesù con la corona di spine posta sulla testa, è l’Ordinarium divini Officii ad Matutinum, qui c’è l’inno del Te Deum, il canto di lode: «Ti lodiamo, o Dio…». Poi a pagina 30, nell’Ordinarium divini Officii ad Primam, c’è l’immaginetta dell’ordinazione e della prima santa Messa di un sacerdote suo amico. In questa pagina del breviario c’è la preghiera del Confiteor Deo omnipotenti…, la confessione a Dio e la richiesta di perdono. Il Te Deum e il Confiteor quasi certamente sono state le ultime preghiere recitate da don Francesco prima del martirio, durante il breve tragitto fatto in macchina assieme a chi lo aveva arrestato e poi lo avrebbe ucciso.

Per me è stata una grande emozione prendere in mano quel prezioso breviario.