Il Timbro del Pane

di Michela Brundu

 

Quest’anno Matera sarà la capitale della cultura europea e in ogni dove si racconta della sua arte, della sua storia e delle sue tradizioni. Come quella del timbro per il pane, uno dei suoi simboli dell’arte rurale. Fino a metà del secolo scorso le massaie impastavano il pane in casa e lo consegnavano ai forni per la cottura. Ma non prima di aver timbrato ciascuna forma per distinguerla da quelle delle altre famiglie. I timbri erano commissionati ai pastori che li realizzavano durante il periodo della transumanza, quando erano lontani dalle loro case e avevano tempo da dedicare all’intaglio del legno.

Alla funzione di rendere riconoscibili le forme di pane dopo la cottura nei forni pubblici, si aggiungeva un significato simbolico e rituale. Tant’è che il timbro del pane era anche utilizzato come pegno d’amore, offerto dal pretendente alla donna amata per invitarla a far parte della sua famiglia e da lei conservato se acconsentiva al fidanzamento.

Una tradizione che mi è tornata alla mente proprio in questi giorni bui.

 

E’ un’onda anomala. Anzi una tempesta, quella che investe la Chiesa sullo scandalo degli abusi sui minori. Papa Francesco ha voluto un immediato summit con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo. L’eco sui media è devastante. Il cardinale colombiano Rubén Salazar Gómez ha tenuto un intervento senza sconti sulle responsabilità dei vescovi; lo ha intitolato “La Chiesa in un momento di crisi”, ma il titolo originale era “La Chiesa trafitta”. Il cardinale filippino Tagle si è commosso parlando all’assemblea: ha tenuto il suo discorso subito dopo un video di testimonianze di alcune vittime.

Il popolo di Dio è allibito, anzi smarrito. I detrattori della Chiesa puntano il dito accusatore (per usare un eufemismo). Francesco è determinato e ferreo come mai prima.

 

La barca di Pietro affronta i marosi e viene sballottata con forza. In questo polverone è passato pressoché inosservato l’intervento che il Papa ha tenuto il 14 febbraio alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

Come al solito, c’è il rischio che sia valutato come interessante solo per gli addetti ai lavori.

Invece, a guardare bene, è una risposta – sotto traccia – alla tempesta in corso. Il primo impulso (che probabilmente abbiamo tutti) è di sanare la situazione con restrizioni, provvedimenti disciplinari, indagini e punizioni esemplari. Tutto ciò è utile e doveroso, sia chiaro. Ma non può essere solo “umana” la cura per questa corruzione. Non nella Chiesa.

 

Già nel convegno della Chiesa italiana, a Firenze nel 2015, Francesco allerta sulla tentazione del pelagianesimo che “ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito. La riforma della Chiesa non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile.”

E infatti nell’indirizzo alla Congregazione per il Culto Divino il Papa ricorda dove è il centro, il motore della ripartenza: “occorre cambiare il cuore”. E una palestra per l’inizio del cambiamento, del nuovo radicarsi in Cristo, dell’affidamento – e in fin dei conti il luogo dove si può intuire che una vita buona e bella è possibile  – viene additato da Francesco: “la liturgia è un’esperienza protesa alla conversione della vita tramite l’assimilazione del modo di pensare e di comportarsi del Signore”.

 

Cercavo un rapporto tra questi due poli: la bufera degli scandali e la conversione di vita che si propone nell’esperienza liturgica. Forse si può trovare nella tradizione materana. Mi conforta pensare che, nella liturgia, il Signore “timbra” il popolo dei convocati. Mi immagino che dica: “Forse non sempre siete un impasto di grande qualità e qualcun’altro si vergognerebbe di voi. Ma voi siete il mio pane: io vi riconosco. Ve l’ho già detto tempo fa: voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio”.