L’immigrazione non è un’emergenza

di Andrea Dessardo

 

Sono 5.070.000 circa gli stranieri regolarmente presenti in Italia, provenienti in gran parte da nazioni vicine o legate a noi da lunga tradizione: un milione di rumeni, 450.000 albanesi e altrettanti marocchini, seguiti da 250.000 cinesi e 210.000 ucraini. La metà di costoro lavora, e che sia il lavoro a spingere a emigrare lo dimostra anche la distribuzione sul territorio: il 65% infatti risiede al Nord, il 25% al Centro, appena il 10% al Sud. Tant’è che la crisi economica si fa sentire anche sui flussi migratori, ormai stabilizzati: solo 33.000 stranieri (esclusi i richiedenti asilo) sono entrati in Italia nel 2014, interrompendo una serie che, negli ultimi anni, ne vedeva arrivare trecentomila. Contestualmente più di centomila italiani sono emigrati (il 41% dei giovani italiani è disoccupato).

Di tutto questo si è discusso nel corso del convegno del Settore adulti delle quattro associazioni d’Azione cattolica del Friuli Venezia Giulia tenutosi domenica 18 ottobre a Trieste.

Provando a dare una risposta all’interrogativo che ha fatto da motto al convegno – l’impegnativo «Dov’è tuo fratello?» della Scrittura – non ci si può limitare a considerare le drammatiche immagini che ci vengono proposte dai media di massa a proposito dell’esodo da Siria, Libia ed Eritrea, né tanto meno prestare orecchio alle insidiose sirene di certa politica interessata. Occorre al contrario guardare alla diffusa presenza degli immigrati che già vivono e lavorano nel nostro paese. Relatore al convegno è stato mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei che ha offerto ai presenti un quadro preciso, onesto e pacato del quadro migratorio italiano, sorprendente e largamente misconosciuto.

L’Italia non è più in grado di offrire un futuro né ai suoi cittadini né ovviamente ai suoi ospiti, che oggi costituiscono percentuali rilevanti degli occupati in alcuni settori: il 90% dei badanti, per esempio, è immigrato, o il 60% degli addetti all’agricoltura e sono maggioranza in diversi altri campi, specie in mansioni di fatica. Ma quattrocentomila sono imprenditori, in molti casi ben inseriti nel tessuto produttivo locale.
La convivenza con lo straniero si manifesta nella vita quotidiana: il 10% degli studenti è straniero (il 12% nelle scuole cattoliche!), quattrocentomila famiglie sono nate da unioni miste (gli immigrati si riproducono a un tasso quasi doppio del nostro, 2,1 figli per donna contro 1,2; ma alcuni anni fa erano a 3, sicché anche loro si stanno conformando ai ritmi della nostra vita), nelle nostre parrocchie ci sono millecinquecento preti venuti da fuori, insieme a un milione di immigrati di religione cattolica, portatori di tradizioni peculiari con cui dobbiamo fare i conti. 110.000 di questi cattolici sono infatti di vari riti orientali (bizantino sopratutto, ma anche alessandrino, caldeo, siro-malabarese e siro-malankarese…), accompagnati spesso dal loro clero uxorato: ecco che l’immigrazione ci costringe a fare davvero i conti con la cattolicità della Chiesa. Ma ci sono anche un milione e mezzo di ortodossi e altrettanti musulmani e mezzo milione di atei, perlopiù albanesi e cinesi. Il 70% dei catecumeni adulti, nel 2014, era d’origine cinese o albanese.
A fronte di una realtà così ricca e variegata, è triste constatare come l’opinione pubblica si concentri massicciamente (un’indagine di alcuni anni fa dimostrò che il 93% degli articoli sui quotidiani associava la parola «immigrato» a vicende penali) sugli stranieri autori di reati, anche se sono solo venticinquemila gli stranieri agli arresti (comunque un terzo della popolazione carceraria). Ecco, mons. Perego invita i credenti italiani a riflettere su questi dati, a fare opera di verità e di accoglienza, giacché purtroppo non si riscontrano differenze d’approccio verso lo straniero tra i cattolici praticanti e gli altri, anzi, pare che chi partecipa alla messa con cadenza almeno settimanale sia addirittura meno sensibile della media degli italiani al problema dell’accoglienza.
Alcune ultime riflessioni il direttore della Fondazione Migrantes le ha riservate doverosamente al fenomeno senza precedenti di coloro che chiedono protezione umanitaria: sono infatti trecentomila coloro che sono entrati nel nostro paese in queste condizioni negli ultimi due anni. Tuttavia, solo un terzo di costoro si trova attualmente ancora in Italia, tra cui diciottomila minori non accompagnati, per i quali quasi mai sono state trovate le case famiglia previste dalla legge. A fronte di questi numeri, comunque rilevanti, mons. Perego ha invitato a pensare ai due milioni di eritrei ospitati in Kenya, ai milioni di rifugiati in Libano, dove sono addirittura la maggioranza della popolazione… Insomma, il problema non è solo europeo, anzi, da noi non arrivano che echi flebili di un disastro umanitario che è originato non solo dalle ben trentatré guerre in corso nel disinteresse internazionale, ma anche dalle catastrofi ambientali recentemente denunciate dal papa.
Quattro parole mons. Perego consegna alle coscienze di noi cattolici: incontrare queste persone, accompagnarle, tutelarle, avviarle alla piena cittadinanza.

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