Il dono di Natale è una familiarità liberante con Dio nella nostra carne
di don Sergio Frausin
Dal trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo
(Lib 3, 20, 2-3; SC 34, 342-344)
«Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre».
Per questo Dio stesso ci ha dato come «segno» della nostra salvezza colui che, nato dalla Vergine, è l’Emmanuele: poiché lo stesso Signore era colui che salvava coloro che di per se stessi non avevano nessuna possibilità di salvezza.
Per questo Paolo, indicando la radicale debolezza dell’uomo, dice «So che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene» (Rm 7,18), poiché il bene della nostra salvezza non viene da noi, ma da Dio. E ancora Paolo esclama: «Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Rm 7,24). Quindi presenta il liberatore: L’amore gratuito del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. Rm 7,25).
Con Ireneo di Lione (140 ca.-177/78), uno dei padri della teologia nel II sec., apprezziamo il realismo della Incarnazione del Figlio di Dio come offerta di senso, di libertà alla nostra condizione umana carnale, bella e precaria.Leggi tutto