Samatorza Camp 2019

di Teresa Maria Martina de Radio

E per il quarto anno consecutivo, il nostro “Samatorza camp” si è concluso.
Siamo un gruppo di giovanissimi dell’Azione Cattolica della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo e a
Samatorza il nostro educatore ha una casa, dove ogni anno ospitiamo il nostro campo.


Ogni anno affrontiamo un tema diverso che ci riguarda, sia nella vita quotidiana, sia sopratutto
nel nostro percorso di fede personale. Il tema di quest’anno era il combattimento spirituale; il primo
giorno abbiamo potuto approfondire i vizi e le loro contrapposizioni, le beatitudini, grazie a Suor
Paola, una monaca del monastero di clausura di Prosecco. Con le monache abbiamo pregato
anche i vespri, interamente cantati, e infine abbiamo fatto una super foto di gruppo con tutte loro.
È stata un’esperienza interessante, perché non solo abbiamo avuto la testimonianza di come Dio
ci chiami a sé attraverso la vocazione, ma anche perché il tono e le parole di Suor Paola
hanno saputo approfondire un discorso che è difficile da comprendere bene, ossia il “discorso
delle beatitudini”. Per cena abbiamo gustato dei panini e delle pizzette davanti al tramonto sulla
vedetta di Santa Croce intitolata a Scipio Slataper.
Il giorno successivo abbiamo affrontato le nostre personali tentazioni, chiedendoci quali sono e
cosa succede quando cediamo ad esse. Nel corso della settimana, abbiamo avuto altri due ospiti. La prima, Francesca Zaccaron, un’amica della nostra educatrice, è docente di
filosofia a Conegliano; con lei abbiamo visto “L’arte di purificarsi il cuore”, ossia l’imparare a
combattere le nostre tentazioni, i nostri vizi, i nostri “pensieri cattivi”. Abbiamo quindi ripreso i vizi
capitali traendo spunto dagli “8 pensieri” del filosofo e santo “Pseudo-Macario”.
Francesca ci ha aiutato a capire come resistere alle tentazioni, innanzitutto partendo dalla
comprensione di come Dio ci parla, e poi affrontando il discorso delle cinque fasi della
tentazione (suggestione, colloqui, combattimento, consenso e passione); è necessario
fermarsi al combattimento per poter vincere una tentazione. Personalmente, una frase che
ha detto mi è rimasta molto impressa: “Ciò che è vero, rimane. Rimane ciò che è custodito nel
cuore.”
Il penultimo giorno abbiamo avuto un incontro con il prete esorcista Mons. Marino Trevisini, un
incontro che tutto il gruppo desiderava da tanto. Abbiamo parlato del male e di Satana,
ricordandoci che ci tenta ogni giorno e che non dobbiamo mai lasciarlo entrare dentro di noi.
Abbiamo fatto molte domande, in merito sopratutto a come si manifestino le possessioni e quali
sono i fattori che possono lasciar entrare il diavolo dentro di noi. Abbiamo anche chiarito che non è proprio come si vede nei film, con tutti quei riti strani e mille contorsioni e capriole, ma ci ha spiegato che, la presenza della violenza, non si può escludere totalmente dagli esorcismi attraverso alcuni esempi che sono capitati a lui o ad altri preti esorcisti. Ci ha parlato molto del valore della preghiera come protezione contro il maligno mostrandoci il libro del rito dell’esorcismo, che non è altro che preghiere, salmi, la lettura del Vangelo e le invocazioni a santi e beati. Credo sia stato interessante far luce su questo argomento un po’ oscuro di cui tutti parlano un po’ a sproposito e di quelle domande a cui nessuno sa dare risposte.
In questi sette giorni non poteva mancare la serata “cineforum”: abbiamo guardato infatti “A
beautiful mind”, un film ispirato alla storia vera del matematico vincitore del premio nobel del ‘94
John Nash, affetto da schizofrenia. Un film che, attraverso una sorta di metafora descritta attraverso allucinazioni, insegna a combattere contro le proprie tentazioni che, proprio come un’allucinazione, ci parlano e ci invitano a cedere.
In sintesi, il campo è stato fonte e spunto di riflessione, anche attraverso i momenti di silenzio e
la breve camminata per raggiungere la cima del monte San Leonardo, conosciuto dal nostro gruppo come la “cima del mondo”, nel quale potevi trovare un’ infinito piccolo angolo di pace.
È stato sicuramente fonte di unione, perché abbiamo potuto respirare aria di amicizia e di famiglia,
ridendo delle avventure (e delle disavventure), essendoci gli uni per gli altri per confrontarci o semplicemente per stare insieme, scherzare e non far dormire i nostri educatori (la notte il nostro sonno tardava sempre ad arrivare, anche se dopo un paio di ore si poteva sentire un concerto di russi..). Ci siamo anche divertiti a raccogliere ortaggi dall’orto e sopratutto salvia e timo per fare delle tisane spaziali.
Personalmente, nonostante la confusione di un branco di adolescenti come noi, ho provato una
grande pace, una serenità e una tranquillità che non sentivo da anni, riuscendo a mettere da parte
preoccupazioni, tristezze e brutti pensieri.
E ora, seduta sul divano, non posso non ripensare con un sorriso, e molta nostalgia, a tutto ciò che
abbiamo potuto condividere in quelle quattro mura, durante quella settimana.
E sinceramente? Non vedo l’ora di partire per il Samatorza camp 2020!