Vota Antonio, vota Antonio…

di Gianguido Salvi

 

 

Riporto brevemente due passaggi, il primo tratto dalla tesi di «The Weeks» sulle modalità di comunicazione adottate da Donald Trump: «La sua incoerenza nell’offrire un messaggio e l’altro è in realtà frutto di un test A/B*. Dal suo profilo Twitter e nelle sue interviste segue linee diverse per capire quale funziona. Come nel caso dei soprannomi per umiliare i suoi avversari […], la strategia di Trump è perfetta per l’era in cui viviamo. Hillary Clinton ha un messaggio e lo segue. Trump dice tutto ciò che può portarlo sulla stampa. La sua mancanza di focus non è una debolezza, ma è parte di una strategia “spietata”». Il secondo, strano a dirsi, da un film di alcuni anni fa, nel quale, in un trascinante discorso finale, il presidente degli Stati Uniti conclude: «Abbiamo seri problemi da risolvere e abbiamo bisogno di persone serie per risolverli. Vi posso assicurare di una cosa: Bob Rumson non è minimamente interessato ad aggiustare nulla. Si interessa di due cose, e due cose soltanto: farvi provare paura e dirvi chi dovete incolpare…».

Nei testi che ho riportato mi appare evidente come oggi vi sia una seria difficoltà di confronto democratico sui problemi e sulle modalità e strategie di risoluzione degli stessi, sia su scala nazionale che locale. Nei dibattiti e nei discorsi che quotidianamente ascoltiamo, raramente si osserva una contrapposizione chiara e leale su visioni, forse opposte, ma volte comunque a cercare il benessere della comunità di appartenenza; si preferisce al contrario la mistificazione dell’avversario o l’instillare paura nelle persone spesso con argomenti privi di alcuna reale verità. I toni urlati, le sparate, la battuta volgare hanno preso il posto della pacatezza, della ragionevolezza, del rispetto dell’altro e delle sue posizioni. Sono relativamente giovane, ma ho dei ricordi precisi di un periodo diverso in cui vi erano uomini in grado di esprimere questi concetti: «La pazienza è il rimprovero che ci rivolgono sovente come se significasse mancanza di volontà, come se non fosse la virtù più necessaria nel metodo democratico». In un concetto così semplice ma altresì complesso appare tutta la faticosa “pazienza” della democrazia che, come citava George Weigel, «è sempre un esperimento non finito, che testa la capacità di ogni generazione di vivere nobilmente in libertà». Mi permetto quindi un piccolo suggerimento agli elettori: cercate tra i vostri rappresentanti persone quiete, talvolta apparentemente noiose ma coerentemente pazienti, sono quelle che meglio di altri hanno compreso il significato di comunità, servizio, mediazione. In poche parole democrazia.

Buon voto a tutti

*(test A/B sono due versioni di un elemento, il titolo o la descrizione di un prodotto, il layout o lo stile del sito web, il prezzo…, che vengono sottoposti ai primi utenti per ricevere feedback e capire quale adottare)

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