I giovanissimi verso il Sinodo

di Nicholas Pellizer

 

Tra sabato 18 e domenica 19 novembre un gruppo di quaranta giovanissimi, provenienti ognuno dalla sua parrocchia, ha soggiornato a Klanec, un piccolo borgo sloveno a una manciata di chilometri dal confine di Pesek. Ad accompagnarli i loro educatori che li incontrano settimanalmente e i responsabili diocesani di Ac che lavorano per offrire occasioni di incontro tra le singole realtà parrocchiali.

Una volta raggiunta la meta i giovanissimi hanno lavorato assieme su alcuni argomenti estratti dal documento preparatorio al Sinodo dei giovani convocato da papa Francesco per l’anno 2018. A legare il tutto la figura di Giovanni, il discepolo che Gesù amava. Giovanni lo ricordiamo per essere colui che più degli altri aveva bisogno di conforto, tanto da appoggiare il capo sul petto del Maestro; è colui che corre più veloce di tutti alla volta del sepolcro, anche se poi aspetta Pietro per entrarvi. Giovanni è il discepolo che ci ricorda l’invito di Gesù ad agire con coraggio nel mondo ma a non piegarsi alle sue logiche. Un mondo che tanto più si allontana dalla Parola, tanto più ha bisogno di testimoni credibili ed efficaci.

Dai ragazzi emergono le difficoltà che essi hanno a parlare di Dio e del suo amore in tutti quegli ambienti che vivono ogni giorno e non solo la domenica. La loro fede sembra però davvero costruita sulla roccia, poiché queste difficoltà non sembrano pesare loro così tanto. La loro perseveranza a volte diventa perfino ammirevole. Ci stupiamo però perché, quando si ha a che fare con degli adolescenti, si è convinti di dover fare la parte dei maestri e dei discepoli più anziani: la trasmissione della fede è un compito degli adulti, dopotutto. Invece ecco che, quando meno ce lo si aspetta, questi ragazzi ci superano, corrono di più, ci lasciano indietro senza troppi complimenti e così chi inizialmente doveva insegnare si trova ad avere solo da imparare.

Chi prima parlava ora ascolta e viceversa, rispettando quelle che, dopotutto, sono le più basilari regole del dialogo. Più passano le ore assieme più questo sembra essere ciò di cui si ha davvero bisogno, noi quanto loro. Il dialogo, il confronto. La convivenza sotto un tetto comune aiuta e allora il dialogo continua, non si interrompe neppure quando le parole lasciano lo spazio ai gesti. Continua durante i pasti, nei giochi, nella preghiera. Scopriamo che stare insieme è bello sempre.

A dialogare ci si conosce e ci si riconosce: fratelli, famiglia e Chiesa. Una Chiesa con un cuore che batte, un po’ sommessamente forse, perde un colpo ogni tanto magari, ma batte, e se dove un cuore batte c’è vita, dove ci sono i giovani c’è un futuro. Ci confortiamo allora sapendo che questo cuore continuerà a battere anche quanto noi non potremo più ascoltarlo. La speranza è che questo sinodo sia occasione di ascolto e condivisione, lo stesso dialogo che ci portiamo casa da questi giorni. Un sionodo che possa arricchire una Chiesa che è sì millenaria ma è anche giovane, anzi giovanissima.

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