Educatori: il rischio di perdere il treno

di Stefano Riccardo Camber

 

Quanti di noi che svolgono o hanno svolto servizio come educatori ACR o semplicemente come catechisti in parrocchia sanno bene che il tempo vola e le attività da gestire sono tante: i cartelloni sono sempre da finire, l’attività deve essere perfezionata, al gioco mancano materiali, bisogna telefonare al don, pensare alla stampa del foglietto per il momento di preghiera. Se poi si aggiungono i problemi parrocchiali oltre a quelli della vita privata, la vita diventa davvero intensa. Siamo di fretta, frenetici e troppe volte stanchi al punto che forse rischiamo di perdere di vista quali sono i nostri punti di riferimento, le nostre certezze da custodire nel bellissimo e prezioso servizio che offriamo. E qui proviamo a fare un po’ di ordine, altrimenti c’è il rischio di non approfondire quel cantiere della nostra vita dove costruire la formazione di educatori, cioè quelle cose necessarie e essenziali da mettere in valigia per essere all’altezza del cuore dei ragazzi che ci sono affidati ed essere così efficacemente testimoni di Gesù vivo.

Proviamo a fare insieme un elenco di priorità. Un educatore “deve” costruire la propria missione su questi tre pilastri:

  • Ricercare il gusto dell’incontro personale col Signore costantemente;
  • Capire come essere nella propria autenticità strumento originale nel far gustare la bellezza della ricerca e dell’incontro con il Signore;
  • Aiutare a far vivere il Vangelo a chi ci viene affidato facendo maturare loro concreti atteggiamenti evangelici.

Avendo ben chiare queste priorità, è possibile provare a leggere le nostre realtà: guardando la situazione delle nostre associazioni e in generale di tutte le parrocchie della diocesi, vi è una certa urgenza nel prendere coscienza che è necessario recuperare e riscoprire al più presto tre dimensioni, terre di missione:

  • Famiglie: spesso si lavora per compartimenti stagni, quando invece sia noi educatori che loro genitori abbiamo a cuore la crescita del ragazzo. È necessario riprendere il dialogo con loro, ricercarlo, stipulare “alleanze” che sappiano guardare al bene dei ragazzi e alla loro educazione alla fede;
  • Bambino/Ragazzo: se è vero che l’ACR è l’Azione Cattolica DEI Ragazzi, allora loro sono il centro. È necessario quindi aiutarli a prendere consapevolezza che loro stessi possono scoprirsi primi promotori coi loro coetanei di un’esperienza bella e vera di gruppo che dice qualcosa di autentico alla loro vita;
  • Chiesa: è necessario riscoprire il valore educativo delle iniziative diocesane, luoghi in cui il ragazzo può vivere a propria misura un’esperienza di Chiesa che va ben oltre alle mura fisiche della parrocchia, un’esperienza che viene vissuta insieme ad altri coetanei della città.

Su questo sfondo una quarantina di educatori ACR della diocesi si sono incontrati a metà aprile per pregare, riflettere, trovare soluzioni nuove, concretizzare atteggiamenti per far fiorire queste terre. I contributi dell’incontro si stanno raccogliendo in un unico documento: dopo un lavoro di approfondimento dei contenuti da parte dell’equipe diocesana, verrà creato e pubblicato sul sito un piccolo “Vademecum” in cui si raccoglieranno le difficoltà su queste tematiche, il perchè è importante considerarle e soprattutto quali sono quei piccoli – ma realizzabili – atteggiamenti che gli educatori possono mettere concretamente in atto per affrontarle.

Che bello sarebbe se tutti gli educatori riuscissero a parlare con i loro pastori di questi problemi e trovassero delle soluzioni creative e originali. Questa è la bellezza di un’AC capace di leggere il proprio territorio, capace di mettere in moto la propria passione per la Chiesa per l’annuncio della Buona Notizia.

Forza, questo è il tempo favorevole!

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