L’accoglienza modello

di Davide Martini

Grazie ad un collega comune incontrato nella mia esperienza di insegnamento in provincia di Treviso, sono venuto a conoscenza di uno straordinario esempio di accoglienza. Incuriosito dall’esperienza (era stato organizzato anche un incontro sul tema, presso la scuola dove ho insegnato un paio di anni) ho chiesto all’amico collega se poteva fornirmi i contatti del protagonista di questa vicenda e così l’ho intervistato.

Caro prof. Antonio Silvio Calò (insegna al liceo classico «Antonio Canova» di Treviso), com’è nata quest’avventura?

Eravamo indignati da quello che succedeva nel Mediterraneo e sulle nostre coste; continuava a martellare la nostra coscienza cristiana e civile. Il 18 aprile 2015 abbiamo deciso di ospitare alcuni migranti attraverso un iter regolare; non essendoci ancora una legislazione ufficiale, ci siamo appoggiati ad una cooperativa.

Come vi siete organizzati, perciò?

Sono ventuno mesi che ospitiamo a casa nostra sei profughi, due del Gambia, uno del Ghana, uno della Costa d’Avorio e due della Guinea Bissau, dai 19 anni ai 31 anni, tutti maschi.

Per i primi dieci mesi, da lunedì a giovedì, compreso, i nostri ospiti hanno frequentano (da settembre) la scuola regolarmente; il martedì e il mercoledì pomeriggio ricevono un contributo notevole da un insegnante almeno per tre ore riprendendo i lavori scolastici del mattino; ogni lunedì incontrano una psicologa per circa cinque ore dove svolgono un lavoro di gruppo e un lavoro più specifico per ogni singolo a seconda delle necessità; il giovedì pomeriggio sono impegnati in attività sportive, chi calcio, chi palestra; il venerdì mattina sono impegnati tutti e sei nella preghiera in moschea; il venerdì pomeriggio e il sabato sono a disposizione per eventuali attività di volontariato nei confronti della comunità; domenica giorno libero.

Da circa sei mesi tutti e sei hanno iniziato delle attività di stage/praticantato/tirocinio presso delle aziende per acquisire una dimensione professionalizzante. Finito questo periodo che durerà sei mesi si aprirebbero due strade: o altri sei mesi di tirocinio o un possibile impiego vero e proprio. Questa fase è molto importante per un possibile e concreto inserimento nel mondo del lavoro e per una auspicata autonomia. Ma questo è fondamentale anche per un possibile ricongiungimento al coniuge e alla famiglia visto che tre dei miei ospiti sono sposati con figli (per questo stiamo cercando un “ponte umanitario”).

So che la domanda potrebbe sembrare “fastidiosa”, ma come riuscite a gestire i nuovi arrivati dal punto di vista “economico”? Lo chiedo, anche nel caso altre famiglie o persone singole volessero imitare la vostra scelta; ciò perché non si pensi che tale azione sia un’esclusiva di persone così “generose” perché se lo possono permettere…

Domanda doverosa. Anzi, ringrazio perché come molti sanno le persone che si sono rese disponibili ad un’accoglienza ricevono dei contributi e noi siamo i primi a voler dichiarare dove vanno a finire questi soldi, perché non si pensi (come purtroppo è anche avvenuto a livello di amministrazioni) che ci sia qualcuno che lucra sui disperati.

È “semplice”: ci sono 30 euro (e non 35 perché la cooperativa a cui mi appoggio non è ancora formalmente convenzionata con la Prefettura) al giorno per ogni “ospite”, quindi 30 x 30 x 6= 5.400 al mese.

Di questi 5.400 euro (con dei margini dovuti a situazioni particolari):

  • 1.000 euro vanno in spese alimentari, che divisi per trenta giorni corrispondono a 31 euro al giorno, che divisi per sei vuol dire 5,10 euro al giorno a testa a persona (questo è possibile grazie ad una gestione familiare in estate, in autunno-inverno i costi aumentano di 2-300 € circa);

  • 1.400 euro vanno per pagare la signora (messa in regola dalla cooperativa con i contributi) che ci aiuta in tutto (persona del paese che ha perso il suo lavoro, sposata con due figli);

  • 450 euro vanno come “paghetta”, per la precisione 2,50 euro al giorno per “ospite”, per trenta giorni sono 75 euro, che moltiplicati per sei sono appunto 450 euro (soldi impiegati soprattutto per telefonare ai familiari e per delle necessità personali);

  • 500 euro vanno per l’insegnante (che al pomeriggio riprende le lezioni della mattina, visto che sono obbligati ad andare a scuola di mattina almeno per il primo anno in attesa di un tirocinio professionalizzante);

  • 250 euro vanno per le bollette e servizi-spese della casa;

  • 300 euro vanno per la gestione organizzativa-economica da parte della cooperativa;

  • 300 euro vanno per le spese sanitarie, per le assicurazioni e per necessità di vario tipo (iscrizioni ad attività sportive);

  • 200 euro vanno per l’uso delle auto e per la benzina;

  • 700 euro (messa in regola dalla cooperativa, quindi con i contributi) vanno per il servizio di una psicologa professionista operativa sia per il lavoro di gruppo che per interventi sui singoli;

  • rimangono circa 300 euro (che in inverno si esauriscono, appunto), che nelle nostre intenzioni restano a disposizione e a integrazione delle altre voci e che, se non vengono spesi, vanno a creare un fondo per pagare l’avvocato per eventuali ricorsi, per sostenere la spesa di eventuali viaggi di ricongiungimento al coniuge (visto che nel nostro caso ci sono tre “ospiti” che sono sposati con figli, tutti rimasti in Africa) per quando andranno via di casa e dovranno iniziare una nuova avventura da soli.

Bene, questo è il nostro bilancio mensile. Spero di essere stato chiaro. Da questi conti, penso si evinca la nostra volontà ad investire in modo corretto i fondi sia europei che italiani.

Che cosa consiglieresti ad una persona/famiglia che volesse fare una scelta coraggiosa come la tua/vostra (il prof. Calò ha già quattro figli)?

Che non è poi così difficile… In questi mesi ho spesso pensato che questa è una grande occasione per l’Europa per ricambiare un gesto di “ospitalità” che da secoli gli europei hanno vissuto e “sfruttato” al meglio in Africa. La storia ci dona sempre una seconda occasione… speriamo di non perderla.

P.S.: Nel novembre scorso il prof. Calò aveva anche ricevuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella la nomina di ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana «per l’esempio di civiltà e generosità che ha fornito aprendo la sua casa a sei giovani profughi giunti nella provincia di Treviso dopo essere sbarcati a Lampedusa».

«Grazie a voi l’Italia è un grande paese», gli aveva detto il presidente della Repubblica.

(foto tratta da «La Tribuna di Treviso»)

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