Tutti i giorni

Relazione del presidente all’assemblea diocesana unitaria del 5 marzo

Eccellenza Reverendissima, care e cari aderenti, amici assistenti,

ci ritroviamo, 9 mesi dopo la precedente assemblea diocesana unitaria, alle soglie della primavera, stagione in cui la vita riprende colore e ciò che era perduto viene ritrovato: mi piace pensare che possa essere un paradigma del nostro cammino associativo. Le innegabili fatiche che hanno messo in discussione il nostro passo costante da laici associati nel mondo e con la Chiesa, come un prolungato temporale che rende impraticabile il sentiero per la vetta, hanno lasciato strascichi nelle nostre vite, e quindi anche nella nostra vita associativa.

Contesto internazionale

A questo si aggiungono le grandi vicende del mondo in cui, pellegrini, camminiamo assieme: la guerra è dietro l’angolo e proprio davanti ai nostri occhi. Non immaginiamo dove possa dirigere la sua scia di dolore, morte e distruzione… facciamo nostra la sferzante domanda del Papa: “potrà il Signore perdonare tanti crimini e violenze?” … commesse anche dietro la copertura di oscene giustificazioni pseudo-religiose e moraliste. “Potrà il Signore perdonare tanti crimini e violenze?” risuona, con la stessa drammatica profondità, come la domanda nel Vangelo di Luca: “quando il Figlio dell’uomo tornerà troverà ancora fede sulla terra?” (Lc 18, 6).

Contesto locale

Anche per noi, per le nostre vite infinitamente più confortevoli di quelle martoriate dalle bombe, ci sono delle conseguenze. Le bollette si fanno più salate, sempre più famiglie non riescono a far fronte alle esigenze anche basilari, il lavoro manca e le numerose crisi profonde del tessuto produttivo (ricordiamo i casi esemplari Wartsila, Principe, Flex e il più recente Tirso) sembrano minare l’orizzonte futuro.

E poi, qui da noi, sul cosiddetto uscio di casa, dove ancora non fischiano le bombe e non urlano le sirene antiaeree, orecchie attente possono udire il silenzio fragoroso del corteo di passi, disperati, che si affidano all’unica certezza che trovano: la fuga, sulle loro gambe doloranti e sui loro piedi martoriati, lungo la rotta Balcanica. Poco più in là, bagnati dallo stesso mare, corpi di uomini donne e bambini giacciono senza vita, abbandonati al termine del viaggio in cui avevano riposto la speranza e che si è rivelato la loro ultima condanna.

L’Azione Cattolica a Trieste­

In questo mare spesso agitato, la barca di Azione Cattolica, nella flotta della Chiesa, continua la sua navigazione, a volte difficoltosa, a volte più fiduciosa e determinata.

Abbiamo vissuto, a valle della fase acuta della pandemia, una riduzione delle attività associative, che abbiamo in qualche caso rimodulato ma che hanno portato a un calo degli aderenti, sorte che condividiamo con gran parte dell’Azione Cattolica italiana. Adesso, però, ci sono segnali confortanti di ripresa: le associazioni parrocchiali, alle quali va la mia gratitudine per come hanno saputo tenere salde le radici nel pieno della tempesta, si stanno riorganizzando e stanno riaprendo i loro cammini alla varietà edificante di iniziative, percorsi, incontri che sono patrimonio di vita associativa e pietre vive di edificazione ecclesiale. Come consuetudine statutaria dell’Ac le iniziative associative diventano spesso sorgente di attrazione per ragazzi, giovani, adulti, famiglie che pur non aderendo partecipano entusiasti a ciò che Ac, discretamente, propone. Di questo patrimonio che ci conforta e ci spinge a continuare nel nostro servizio a Cristo e alla sua Chiesa, e di altri dettagli spesso poco conosciuti, daremo conto in maniera più sistematica, redigendo nei prossimi mesi il bilancio annuale di sostenibilità, sullo stile individuato dall’Ac nazionale, anche per la nostra associazione diocesana. Molti fili del tessuto associativo, che erano rimasti disconnessi, stracciati, depauperati, sono stati e sono via via riannodati e intessuti: sono riprese le tradizionali due giorni ACR e giovanissimi, fucina di fraternità, le due giorni educatori, le serate per animatori; le lectio mensili per gli adulti, patrimonio anche per i giovani; le attività di conservazione e diffusione della memoria del beato Francesco Bonifacio e di altre figure rilevanti della santità triestina; l’attenzione alle famiglie, quelle già formate e quelle che potrebbero nascere in futuro; il processo di revisione della formazione dei formatori, che ci terrà impegnati nei prossimi mesi; le aperture e collaborazioni con altri soggetti ecclesiali e civili per creare quella rete di relazioni umane capaci di incidere nella città dell’uomo in cui desideriamo vivere da profeti; non da ultimo, rinnovate relazioni con le associazioni diocesane del Triveneto, in particolare del Friuli Venezia Giulia, attraverso la fraternità dell’incontro e un reciproco scambio di iniziative, pensieri, supporti.  

La Chiesa locale

Come ben sappiamo, nel prossimo futuro vivremo l’insediamento del nuovo Vescovo eletto, don Enrico Trevisi: un momento importante nella vita della Chiesa, a cui l’Azione Cattolica riserverà attenzione collaborativa particolare, essendo associazione visceralmente legata e integrata nel contesto ecclesiale, in diretta collaborazione col Vescovo.

Il nostro pensiero, oggi, però va all’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, a fianco del quale abbiamo condiviso gli ultimi 13 anni di vita ecclesiale triestina: anni intensi, caratterizzati da molti cambiamenti nella Chiesa universale e locale, che hanno impegnato l’associazione a declinare le novità conciliari, che hanno plasmato la postura dell’AC in questi anni, mantenendo fede alla promessa di fedeltà alla Chiesa e al Vescovo. Il percorso comune non sempre è stato lineare, c’è stata qualche fatica, così come in ogni buona famiglia la concordia si conquista anche attraverso qualche incomprensione; tutto però superabile e superato con umiltà e carità. Cifra caratteristica di questi anni, in realtà, sono state le numerose occasioni in cui abbiamo avuto modo di ascoltare ciò che il Vescovo voleva dirci, i momenti più alti e difficili in cui abbiamo camminato fianco a fianco, le occasioni in cui ci siamo messi a disposizione per ascoltare e mettere in pratica ciò che il Vescovo ci chiedeva di fare. Penso ad esempio all’attenzione ai più giovani, specie nel dopo Cresima, o alla cura della memoria delle figure più significative, laici consacrati o presbiteri, nella Chiesa locale del recente passato, o l’impegno e la partecipazione attiva nei tempi sinodali.

Diciamo grazie, al Vescovo Giampaolo: ha sempre avuto attenzione costante per le nostre esigenze e per il nostro cammino associativo, lo abbiamo sempre visto presente, come oggi, alle nostre assemblee, agli incontri, coi ragazzi; ne abbiamo apprezzato l’attenzione che si è manifestata in particolare assegnandoci 5 assistenti diocesani, una benedizione per i nostri cammini; ne abbiamo percepito la fiducia nell’affidarci momenti liturgici importanti per la Chiesa, come la Messa della Pace e la Via Crucis cittadina. Questo è ciò che resta e questo è ciò che porteremo nel cuore di questi anni.

Tra poche settimane arriverà il Vescovo Enrico, che andremo a festeggiare a Cremona il giorno della consacrazione, e che accoglieremo festanti nel giorno del suo ingresso in Cattedrale il 23 aprile prossimo venturo. Da lì, potrà contare su una comunità di associati che attendono con gioia di poter camminare assieme a lui, nostro pastore, sui nuovi sentieri, con la massima disponibilità e collaborazione, così come la storia dell’Ac, e non solo il nostro statuto, prescrivono.

Verso il rinnovo delle responsabilità

Con questa assemblea entriamo nell’ultimo anno associativo di questo quadriennio molto particolare e complesso. Le premesse per riprendere in mano e mettere a frutto con fiducia ed entusiasmo i talenti dell’AC ci sono tutte: tra un anno celebreremo l’assemblea diocesana elettiva e consegneremo al futuro nuovi responsabili e nuove strade. Il tema della responsabilità e della disponibilità a mettersi in gioco per il buon andamento dell’associazione sia all’ordine del giorno dei nostri cammini associativi. Assieme, assemblea e consiglio diocesano, costruiremo gli orizzonti del prossimo triennio a partire dalle riflessioni e dal dibattito di oggi, passando per il bilancio di sostenibilità, per giungere tra un anno all’approvazione del documento assembleare 2024-2027. Nel frattempo, ciascuno rifletta su come potersi mettere a disposizione dell’associazione, anche per diventare elementi necessari di un processo democratico e religioso, sinodale e gerarchico, ecclesiale e civile, ma soprattutto profondamente spirituale.

Nella storia, anche triestina, Ac ha messo in evidenza vocazioni socio-politiche, civiche, religiose, culturali, contribuendo a costruire il Regno di Dio secondo la vocazione sacerdotale del battesimo: tutto ciò è stato possibile, oltre alla grazia di Dio, anche per il DNA associativo della cultura della responsabilità, che ci insegna il confronto rispettoso, la dedizione al servizio, l’ascolto attento come assi portanti del nostro vivere in comunità e in società; prima ancora, la responsabilità associativa ci insegna l’importanza del grande atto d’amore alla base di ogni nostro passo. Dedicarsi ai ruoli di responsabilità associativa, parrocchiali o diocesani che siano, significa disporsi a servire l’uomo proprio come il Signore Gesù ci ha insegnato, come amici, gratuitamente, pronti a rendere testimonianza, spingere, trainare, accompagnare generosamente coloro che camminano con noi e soprattutto coloro che incontriamo, fermi o infermi, lungo la via.

Considerazioni conclusive

Proprio a questo proposito desidero ringraziare tutti coloro che in questo triennio si sono spesi nella responsabilità associativa, educativa, formativa, spirituale: laici e assistenti. In particolare a questi ultimi va il nostro pensiero grato per aver trovato il tempo per l’AC nella miriade di impegni che il loro ministero richiede.

Per quel che riguarda me, ringrazio per il sostegno che non è mai mancato, per le parole, le idee che ci siamo scambiati: mail, messaggi, quattro chiacchiere in diretta. Mi scuso per ciò che di buono non ho ancora saputo, potuto, voluto fare in questi anni. Abbiamo però ancora un anno di cammino assieme: non è ancora il porto di approdo dopo lunga navigazione, quando ogni nave rallenta per attraccare; è piuttosto il momento in cui dal mezzo dell’oceano si scorge il profilo della terraferma, che ci incentiva ad accelerare, gioiosi per l’approdo che l’orizzonte ci offre, gustando il momento in cui avremo completato il viaggio, pronti a salpare di nuovo con un’imbarcazione più capiente, accogliente, sicura.

Buon cammino a tutti!

Arturo Pucillo – presidente diocesano

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