Confini. A Trieste e dintorni dal 26 al 28 dicembre 2023

La nostra quotidianità ci fa continuamente fare esperienza di confini, territoriali, comportamentali, relazionali, morali. In latino la parola confine si traduce “limes”, che poi in italiano è diventato “limite”. E in fondo il confine è un vero e proprio limite, fisico o metafisico, il cui superamento ha sempre delle conseguenze, più o meno gravi. Sperimentare il confine, sapere fino a dove ci si può spingere e quali sono quelli da superare sono conoscenze e vissuti che ci permettono di crescere e imparare a stare con gli altri. Il tentativo di confrontarci su questo e farne esperienza è ciò che abbiamo provato nei giorni dopo Natale, dal 26 al 28 dicembre con i giovanissimi della parrocchia di Ospedaletto. In 10 ragazzi, 4 animatori e il parroco ci siamo diretti verso Trieste, città al confine dell’Italia e da sempre terra di confine. Uno dei luoghi più simbolici e significativi del nostro Paese. Sono stati vari i piani dai quali abbiamo ragionato e sperimentato il confine, dall’uso strumentale che si fa nella barbarie della guerra a quello che ci porta alla santità.

Il nostro percorso è iniziato davanti a un presepio, a Ronchi dei Legionari, ospiti della vicegiovani dell’AC di Gorizia. Tradizionalmente nella corte di casa sua viene allestito un presepio a tema: questo Natale la rinascita della Natura dopo gli incendi devastanti dell’estate scorsa nel Carso. La nascita di Gesù, “germoglio che spunta dal tronco di Iesse” (cfr Is11), segno di speranza di una Natura e di un’umanità che deve ripartire dopo il disastro del fuoco, in una relazione nuova, di rispetto e cura del mondo che ci è stato affidato.

La seconda tappa, a pochi km da Ronchi, è stata il Sacrario militare di Redipuglia, tappa obbligatoria se si vuole affrontare la questione dei confini. L’etimologia di Redipuglia, parola che affonda le sue radici nello sloveno, significa proprio “terra di mezzo”, “terra di confine” e su quel confine si è combattuta l’inutile strage, il dramma della Prima guerra mondiale. Davanti alle gradinate di uno dei sacrari militari più grande del mondo, dove riposano più di 100000 soldati italiani, 60000 dei quali senza un nome e un’identità, ci si rende conto a che orribili conseguenze possa portare l’estremizzazione di confine, di ciò che è mio e di ciò che è tuo, e soprattutto di ciò che voglio o rivoglio io di tuo. Confine è potere, da allargare e ampliare, in nome di diritti e pretese persi nei meandri di ideologie e narrazioni pseudo storiche. È successo un secolo fa nel cuore dell’Europa; succede oggi in Ucraina e in Palestina, giusto per citarne solo due. Redipuglia però è anche un luogo che racchiude il seme prezioso, e irrigato a un prezzo di sangue altissimo, dell’Europa che viviamo oggi, libera da confini nazionali, monetari e istituzionali.

La sera del 26, dopo queste due tappe ed esserci sistemati nell’oratorio di Montuzza, ospiti dei frati cappuccini di Trieste, siamo andati a cena a Samatorza, da Erik e Paola, amici dell’AC Triestina. Oltre alla fraterna convivialità, abbiamo avuto modo di iniziare a conoscere una figura testimone di vita al confine: nell’Istria tra l’Italia, la Slovenia e la Croazia, tra l’occupazione nazifascista e l’arrivo dei soldati di Tito, tra una gioventù passata in AC e la vocazione assoluta alla santità. Il beato Francesco Bonifacio, presbitero, assistente di AC e martire in odium fidei. Il racconto di Erik è stato preludio all’esperienza fatta il 27, sulle strade del sentiero che ripercorre la vita del beato Bonifacio, dalla cattedrale di San Giusto in Trieste, dov’è stato ordinato ministro, alla canonica di Crassiza, in Croazia, dove ha svolto il suo ultimo incarico e dove ha trovato la morte per mano di soldati titini. Muoverci a piedi, in un paesaggio così suggestivo, bello per la natura che lo abita e denso di una storia così importante, che non si ferma solo alla vicenda umana di don Francesco, è servito per vedere e scoprire cosa significhi spendere per amore la propria vita. Il confine stavolta non è stato territoriale, ma ideologico e finalmente morale. Alle ideologie totalitaristiche fasciste e comuniste, si è contrapposto il messaggio evangelico e l’annuncio di Gesù Cristo risorto; la violenza e la persecuzione della libertà sono state vinte dal dono della vita per Amore del Beato Bonifacio. Un confine che chiede e siamo chiamati a superare anche noi, ad attraversare con fede, per vivere finalmente da fratelli e da uomini liberi nella Verità.

L’ultima tappa, prima di ritornare a casa, il 28 dicembre, è stata la città di Trieste. La prima parte della giornata la visita alla sinagoga e poi giro libero per le proposte culturali, storiche e artistiche della città e nel pomeriggio, proprio prima della partenza, un incontro con l’ultimo confine: in piazza Libertà, davanti alla stazione con i coniugi Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi. Una coppia che accoglie e cura i piedi di chi arriva dalla rotta balcanica. Una testimonianza forte e impegnativa, che mette alle strette il nostro saldamente confinato benaltrismo e buonismo di facciata. Spostarsi è un diritto sancito dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La sfida lanciataci da questi giorni insieme è che dovremmo avere molta più cura dell’uomo che dei confini.

Alberto Rebesan – AC Vicenza

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